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simboleggiava, inseguendo una vergine, Licurgo che corre dietro a Dionisio. Ma la scena simbolica doveva naturalmente e a poco a poco viemeglio esprimersi col mezzo della parola; e questa, come in simili casi avviene, fu inno cantato da un coro intorno all' ara, ove sacrificavasi il capro, figura dei destini del nume. Andando sempre poi avanti, i cantori furono prima da Alcmano, poi da Stesicoro, divisi in due e tre gruppi; finchè Tespi ai dicitori dei canti alterni aggiunse un attore, che colla maschera e con variati e appropriati atteggiamenti narrava e rappresentava alcuni fatti già cantati soltanto dal coro. Per ultimo, al protagonista si aggiunse il deuteragonista, indi il tritagonista; e con questi tre personaggi e col coro si ebbe la forma più perfetta dell' antico dramma ellenico. ' Il quale più tardi si andò ancor maggiormente svolgendo, e dalle are fu trasportato in teatri a bella posta costruiti, dove ancor spicca tutta la naturale eleganza dell' arte greca, e con Epigene, a quel che si vuole, cominciò a trattar altri argomenti oltre quelli dell' antica leggenda sacra, nè più ebbe che fare colle gesta del figlio di Semele, sicchè potè dirsi : nihil ad Bacchum; ma sempre ritenne memoria del suo prisco carattere religioso; e l'occasione del dramma nelle solennità dionisiache e le vesti festive degli spettatori e il nome dato agli attori di artisti di Bacco, e il timele che dedicato al nume sorgeva in mezzo all'orchestra, e il posto d'onore serbato ai sacerdoti di questo, ricordavano la primitiva unione del dramma col sacro rito, e il successivo suo svolgimento dall' inno corale. 3

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Olim tragoediam prius quidem Chorus solus agebat: postmodum vero Thespis unum invenit histrionem, ut chorus interdum requiesceret: secundum postea Aeschylus adjecit, et tertium Sophocles: atque in hunc modum tragoedia consummata est. DIOG. LAER. in Plat., XXXIV.

L'antico spettacolo indiano, anche fuori della pagoda, era diretto da un Bramino, che prima di cominciare dava la benedizione al pubblico. Du MERIL, Histoire de la Comédie: Paris, Didier, 4864, I, pag. 184.

Lo stesso svolgimento da un canto lirico religioso, e cioè da lamentevoli monodie in lode dei martiri della famiglia di Alì, ha il

Ora, la stessa origine sacra e il medesimo processo storico si ritrova nel dramma dell'età media. Il Cristianesimo, come ogni altro culto, ebbe ben presto le sue solennità, celebrate con canti addobbi e riti speciali, e questi riti furono di due sorta: simbolici cioè, o rappresentativi, secondo adombravano in modo sensibile i misteri religiosi, o riproducevano con azione animata i fatti principali della, missione di Cristo in terra. Ma nelle forme simboliche a poco a poco tanto si oscurò la relazione fra la parvenza e il concetto, che null'altro ormai quasi sembrano agli occhi dell' universale se non cerimonie consacrate da lunga tradizione e le rappresentative, dopo aver avuto nelle usanze medioevali un vario e ricco svolgimento drammatico, quando posteriormente si volle che la liturgia tanto più avesse di solenne e di augusto, quanto più il volgo ne venisse allontanato, e fosse resa immobile ed uniforme, cederono il luogo a cerimonie, dalle quali è quasi sparito ogni vestigio di scenica rappresentazione.'

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teatro odierno persiano, fattoci primamente conoscere dal CHODZKO nella Revue d'Orient, 1845. Esso, secondo il GOBINEAU, Relig. et philosoph. dans l'Asie centr. (Paris, Didier, 1866, pag. 362), non sarebbe più antico di una sessantina di anni; ma il ROYER, Op. cit., I, 360, vuol farlo risalire ad età assai più remota: e se non precisamente nella forma odierna, nel concetto almeno; nel che ci sembra aver egli ragione. Comunque sia, questi drammi, o teazié, si sono svolti dai cantici della ricorrenza del Moharrem, e a poco a poco la narrazione commemorativa si è trasformata in rappresentazione. Ma seguendo lo stesso svolgimento che ebbe il dramma cristiano medioevale, i teazié, già unicamente consacrati a ripetere la leggenda di Alì e dei suoi, cominciano ormai a trattare anche della vita di altri santi maomettani (vedi GOBINEAU, pag. 368), e probabilmente finiranno coll' ampliarsi sempre più.

1 Parlando in generale dell' antica liturgia, e più specialmente di quella della Domenica delle Palme, così si esprime il CLÉMENT, Hist. génér. de la musique relig. (Paris, Le Clerc, 1864, pag. 201): Tout est plus complet qu'aujourd'hui, et offre un sens plus profond. Actuellement il ne reste plus des anciennes cérémonies que le dialogue entre le célébrant et les enfants de choeur. Les trois coups qu'il frappe à la porte de l'église en chantant: Attollite portas, principes, vestras, sont un faible symbole, soit qu'on les compare à la station de la porte de la ville, soit qu'on les considère comme un vestige de

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È noto, per recare un esempio calzante, come l'atto stesso più solenne del culto, l'ufficio cioè della Messa, altro non sia nelle varie sue parti se non una continuata immagine simbolica di avvenimenti reali e di spirituali misteri, che l'occhio della generalità più ormai non discerne. Tuttavia l'altare altro non è nella sua forma costante se non un marmo sepolcrale, e la Croce che vi sta sopra ricorda quella alzata sulla vetta del Calvario. E durante la funzione il sacerdote versa il vino nel calice, come Cristo durante la cena; e tre volte spande l'incenso sulle specie consacrate, come altrettante bruciò i suoi profumi la Maddalena; poi si lava le mani, in memoria della lavanda degli Apostoli; quindi va in mezzo all'altare, per ricordare il tragitto di Gesù dal cenacolo a Getsemani; inchina il capo, come fece il Maestro nell'eccesso del dolore, e lo rileva quindi coll'Orate fratres, ripetendo ciò che quegli disse ai Discepoli, affinchè non soccombessero alle tentazioni. L'imposizione delle mani adombra la translazione dei peccati degli uomini sul capo di un solo; l'elevazione è figura dell'innalzamento sulla Croce, e il calice del sacer

l'importante cérémonie qui termine cette magnifique procession du Dimanche des Rameaux. Le rite romain s'éloigne dans cette circonstance beaucoup plus encore que le rite parisien des coutumes du moyen-âge. Il paraît certain, au reste, qu'à cette époque les fêtes religieuses n'avaient pas de programme officiel rigoureusement arrêté. L'initiative des églises et des populations y jouait le plus grand rôle, et nous ne saurions nous en plaindre, car l'un des principes de notre admiration pour ces siècles si rapidement (!) écoulés est précisément cette manifestation, variée à l'infini, d'un sentiment général, universel.... De nos jours les offices divins n'offrent plus dans leur partie liturgique que des débris défigurés des grandes scènes dont nous donnons une imparfaite esquisse. Mal coordonnés, tronqués et dépourvus d'homogénéité, ils ne présentent plus qu un symbolisme obscur, souvent inintelligible, et, conséquence funeste, le spectateur se moque souvent de ce qu'il ne comprend plus.

1 Del resto, gli stessi Teologi non si accordano nella interpretazione, taluni vedendo nell' ufficio sacro simboleggiati tutti i misteri della vita di Cristo, ed altri solo quelli della Passione. Vedi in proposito: DURAND, Le culte catholique dans ses cérémonies et ses symboles.... Ouvrage approuvé et recommandé par plusieurs Evêques : Paris, Méquignon, 1868, pag. 67 e segg.

dote si riaccosta allora all'immagine del Crocifisso, quasi per raccoglierne il sangue. Il Memento si riferisce all'aprirsi delle tombe; il Nobis quoque peccatoribus alla preghiera del buon ladrone: la seconda elevazione alla morte: il Libera nos Domine ai misteri della sepoltura: la frazione dell'ostia alla ferita del costato: l'Agnus Dei alla resurrezione: la comunione al cibo eucaristico presentato agli Apostoli, e finalmente l'Ite missa est all'ascensione in cielo. 1

Che se tanta parte di storia resta quasi nascosta ed involuta nella odierna liturgia, molto maggiore è quella che se ne rinviene nel rituale ecclesiastico dei primi tempi, quando la veste simbolica lasciava meglio trasparire ciò che velava, e alla commemorazione in forma drammatica pren. devano parte, in certo modo, anche i fedeli raccolti nel tempio. Il che meglio s'intenderà s'io qui riferisca ciò che l'Alt scrive rispetto all'ufficio dei prischi secoli.

◄ Volendosi (ei dice) rappresentare simbolicamente il fatto della salvazione, anche il luogo doveva corrispondere al fine della festa religiosa: e perciò, come il mistero della comunione dava norma all'intero servizio divino, così la tavola dell'altare era centro a tutto il sacro apparecchio. L'altare, come luogo ove Cristo, luce del mondo e sole di giustizia, si univa ai credenti, doveva essere posto verso Oriente, e se più tardi lo spazio fu circondato di muro semicircolare, questo venne a rammentare la vôlta celeste, al modo stesso che già anche la sacra cena riguardavasi qual cibo celestiale. Frattanto si disposero le cose in modo, che quanto era fra le porte d'entrata alla casa di Dio e l'altare che colla sua tavola della comunione stava a quelle di faccia, simbolicamente e appropriatamente raffigurasse la via del cristiano, dal suo primo entrare nella fede, fino al ricevimento del dono supremo di grazia e di gloria. Il portico era simile al paradiso, scena del peccato originale, che rammentavano appunto le immagini di Adamo ed Eva quivi di regola collocate; ma, uscendo da esso, più non si restava privi di difesa e di protezione, e in preda alle tempeste della

DURAND, Op. cit., lib. I, cap. V e segg.

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vita; chè l'uomo era accolto nella nave della chiesa, quale, a chi vi entrasse con fede, assicurava l'approdo nel porto della pace celeste. La chiesa, fin dall'esterno portico, con le divisioni destinate ai catecumeni e ai condannati alle penitenze ecclesiastiche, dava a vedere pur sensibilmente, quanto ciascuno fosse lontano o vicino al godimento della sacra cena e all'unione col Signore. Quelli, ad esempio, ai quali era imposto il più duro grado di penitenza, erano relegati al tutto fuori delle porte: mentre gli altri, che dovevano superare soltanto l'ultimo e più mite grado, ottenevano il loro posto tra i fedeli, non però ancora stando fra i comunicati. Ora, non sembrando conveniente che l'altare, ove aveva luogo la miracolosa e beatifica unione di Cristo col credente, fosse esposto agli sguardi di quelli, che se non erano esclusi dal tempio, non però erano ammessi alla comunione, lo spazio in che quello si conteneva, veniva segregato per mezzo di grate e cortine; e così i Gentili convertiti al Cristianesimo ritrovavano qui quasi la stessa disposizione, alla quale erano avvezzi ne' loro teatri. E, come in quelli vedevano il palcoscenico, su cui gli Dei e gli Eroi rappresentavano la favola teatrale, così qui l'altare elevato sul pavimento della chiesa: là, nella tragedia, la parete posteriore raffigurava generalmente la facciata di un palazzo reale; qua, tutto ricordava che il punto dell'altare dovesse tenersi come santuario, donde il Re dei re impera nella sua invisibile maestà: specialmente dopo che, introdottosi il culto delle immagini, le figure di Cristo e di Maria vennero poste nella parete stessa dell'altare. E come nel teatro le regie porte del mezzo si aprivano soltanto quando il principe usciva sulla scena, così queste, ora aprendosi ed ora chiudendosi, effigiavano quelle del cielo : mentre le due laterali erano destinate ai preti ed ai diaconi, quasi corti giani del Signore, e ai laici venienti dal di fuori e da lunge. Finalmente, per la rappresentazione liturgico-simbolica del patto della Redenzione, era necessario un conveniente apprestamento, e anche a ciò fu provveduto. Ma se vogliamo avere chiara idea dell'antica liturgia cristiana, e'ci conviene riportarsi a quei tempi, ne' quali i fedeli venivano in chiesa

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