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nessione che non colla lirica. Via via, dunque, che il sacro componimento si andò dilungando dalla primitiva ispirazione e dalla sua originaria parentela colla Lauda, e tentò sempre più di assumere indole oggettiva, impersonale, indipendente, sempre più senti ancora che meglio gli si affaceva quella versificazione, onde già la narrativa popolare faceva uso ne' cantari di argomento eroico o religioso. Nè vi era scelta possibile, e ormai forse era esausta la vena dell'invenzione ritmica. La terzina, dopo l'esempio dantesco, doveva parer riserbata ai tèmi più gravi e nobili; il verso sciolto, se pur era già inventato, al popolo che ama il solletico della rima non doveva garbare, e anche dai poeti dell'arte fu messo in opera assai tardi. L'ottonario con la strofa smozzicata degli ultimi due versi, e ridotta a due sole alternazioni di rima, restò all'umile Maggio campagnuolo: ma la Rappresentazione cittadinesca e semiletterata usurpò l'ottava rima in versi endecasillabi, e vi si tenne quasi sempre fedele.

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Le eccezioni che si possono fare a questa norma generale sono si poche, che appena merita farne menzione, e certo si debbono a poeti nè di condizione nè d'intelletto popolari. L' Aman, già più volte citato, è un misto di tutte le forme di versificazione, ed è chiaro che in esso l'Autore anonimo volle far sfoggio della propria versatilità e dottrina: qualche pezzo in terza rima è qua e là nella Dorotea, ove alla foggia quattrocentista è intitolato ternale un lamento amoroso, in che si tratta del freddo Arturo, delle sagitte di Cupido, di Giove, di Leandro, di Perseo, d' Achille e di Dido: classiche e mitologiche reminiscenze, che svelano l'indole letteraria e pedantesca del poeta, quale sa perfino incastrare nel sacro Dramma un sonetto colla coda; ed un sonetto è fatto per passatempo dal protagonista, nel Sansone. Con un ternale ha fine anche l' Annunziazione del Belcari, 2 anche lui poeta dotto: e simil

Alludo al Mare amoroso, attribuito a Brunetto Latini, circa il quale però non sono scevro di dubbj, così circa al tempo, come rispetto all' Autore.

2 S. R., vol. I, pag. 180.

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mente la Santa Teodora, che già supponemmo composizione monastica, e che se pur fosse del Pulci, certo egli avrebbe fatto ad istanza di monache: forse di quelle di Ripoli, che gli stamparono il Morgante. Nelle altre Rappresentazioni del miglior tempo e della più schietta indole popolaresca, il metro solito non cangia se non nelle Laudi intercalate o finali, o nelle Frottole che servono da Prologo, ove troviamo il ritmo consacrato dei settenarj a coppia. Ma è notevole che quando nel Dramma diasi luogo ad una predica, si usi quasi costantemente la terzina, come metro più confacente a soggetti morali e dottrinali; ond'è che Cristo nel Miracolo della Maddalena, Origene nella Rappresentazione di Santa Barbara, Timoteo in quella di Costantino, predicano tutti quanti in terza rima.

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Ma nelle Rappresentazioni di età posteriore e di uso monastico, veggiamo porsi da banda l'antico ed unico metro, e farsi Drammi polimetri, mischiando insieme Frottole, ottave e terzine, come nel Don Benigno, Commedia di un giovinetto monaco, il quale aveva tentazione di uscir dalla religione, a cui Gesù Cristo gli apparve, et fecelo ritornare ; o Frottole e ottave, come nella Commedia di un prete e di un ladrone che si convertì per la virtù del nome di Gesù. Qualche volta l'intera Rappresentazione fu condotta sul metro proprio della Frottola, come in una di San Francesco, che porta la data del 1527,7 o in terza rima, come una Rappresentazione di San Giovacchino e Sant' Anna, che anche dalla divisione in atti mostra essere del secolo XVI . inoltrato. Se ne ha anche qualcuna che va tutta sul metro della Ballata, come alcune Laudi umbre; e se tale è, forse per solo fastidio dell'ottava rima e amor di novità, una

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1 S. R., vol. II, pag. 346.
S. R., vol. I, pag. 397.

3 S. R., vol. II, pag. 81.

S. R., vol. II, pag. 195.

Cod. Riccard., 2546; Cod. Magliab., VII, 973.

Cod. Riccard., 2546.

7 Cod. Riccard., 2900.

Cod. Magliab. Strozz., 1228 (11, VII, 8).

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Rappresentazione inedita e di età tarda di San Bartolommeo, un' altra invece sulla Adorazione de' Magi si direbbe antichissima, o almeno composta sullo schema umbro tradizionalmente conservato per tale argomento. Si provarono, cosi, varie forme per uscir dal vecchio, finchẻ il Cecchi non introdusse anche per questa sorta di com. ponimenti drammatici il verso sciolto, ond' ebbe quasi a vantarsi nel Prologo dell' Acab,

Che se l'Istoria è antica, la maniera
Sarà moderna; chè chi l'ha composta
Gli ha tolto via quel non so che di vecchio,
Per dir così, che dava lor la rima,

Perchè e' l' ha fatta in versi sciolti. 3

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Il solo passo che si lasciò compiere ai Drammaturghi del secolo XVII, fu di adoperare, e non ne abusarono, l'orazione soluta: che dovette parere un avvilire di soverchio coll'umiltà della prosa i soggetti consacrati dalla religione e dalla poesia.

Non disgiunge mai il popolo, nel suo pensiero e nelle consuetudini, la poesia dal canto; ond'è che la Rappre sentazione era cantata, e tanto più nei primi tempi, quando

Cod. Magliab., VII, 488, F. 3, Camald.

Cod. Riccard., 2893, Inc.: O devote persone Per carità tutte vi vo' pregare Che senza far tenzone Con gran silenzio dobbiate stare. Indi viene il primo Re: Tutto meravigliato, ec. Il 2o: Io mi sono partito. Il 3°: Questo mirabil segno, ec. Citiamo questi principj per agevolare i riscontri in qualche antica raccolta di Laudi liriche o drammatiche.

Ediz. cit., vol. I, pag. 504.

* Non faccia caso vedere in prosa l'Acqua vino stampata dal Dello Russo fra le Commedie inedite del CECCHI: Napoli, Ferrante, 1869: perchè il buon uomo, specie variata di Mr. Jourdain, non si accorse che aveva per le mani un componimento in versi.

* II LASCA invece disapprova in un suo componimento il far Commedie in versi: E se poesia mai sotto le stelle Si debbe in prosa in questa lingua fare, E dessa veramente la Commedia, Che troppo in versi altrui rincresce e tedia.... Infino a oggi non s'è recitata Commedia in versi mai che sia piaciuta.... E da qui innanzi vedrem rimanersi Solo a' pedanti il far Commedie in versi: Rime, ediz. Moücke, vol. II, pag. 131.

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più viva era la memoria dell' origine sua dalle cerimonie ecclesiastiche e dalle Laudi. Ma nell' età del maggior incremento è da ritenere che fosse in alcune parti semplicemente declamata, in altre cantata; e se dobbiamo credere a Vincenzo Borghini, tal mutamento avvenne ai principj del secolo decimosesto. « La festa (ei dice) facevano in canto; che per un pezzo parve una bella cosa.... Il primo, mi vo' ricordare, che togliessi via il canto fu l'Araldo, in quello che tutti i fanciulli del mio tempo sapevano a mente Anton chi chiama, benchè la festa, come la chiamavano, fu pur recitata in canto, ma quel principio solo fu recitato a parole, che parve nel principio cosa strana; però fu gustata a poco a poco, e messa in uso. Ed è cosa mirabile quanto quel modo di cantare si lasciasse in un tratto, che non se n'è veduta ne' nostri tempi alcuna, eccetto che una o due, che più per l'artificio e l'apparato che per la materia, alla venuta di qualche gran Principe si sono recitate, come quelle della Compagnia dell' Orciuolo e dell'Agnese ». Ora se il Prologo dell' Abram e Agar accenna, come addietro notammo, ai tempi del Savonarola, bisognerebbe concludere col Borghini che tal novità dei pezzi recitati, e non cantati, non risalga più addietro del Cinquecento. Ma a noi pare che qui non sia intieramente da fidarsi al dotto antiquario: chè altre Rappresentazioni più antiche troviamo noi, nelle quali non tutto andava sul canto. Così, ad esempio, nell' Annunziazione del San Giovanni e Paolo è scritto:

Senza tumulto sien le voci chete,
Massimamente poi quando si canta,

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e dalla didascalìa apparirebbe che solo una volta nel corso del Dramma si cantasse, e non più che per la durata di

Il PALERMO, Op. cit., vol. II, pag. 485, argomenta che Giambattista Dell' Ottonajo, morto nel 1527, e l' Araldo sieno una stessa persona: e la cosa ci par probabile, perchè se nei tempi anteriori vi furono altri poeti conosciuti col nomignolo di Araldo, nessun altro ne conosciamo così denominato pei tempi posteriori al Frate. Dal Ms. Magliab., 10, 116, 44, recato dal PALERMO, loc. cit. S. R., vol. II, pag. 237.

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una stanza: 1 che veramente sarebbe troppo poco, rispetto a quella raccomandazione. Debbesi, dunque, credere che già da più tempo si usasse certi pezzi cantare e certi altri recitare: ma poichè non sempre nelle stampe si trova indicato quando cangiavasi modo, così a noi non è dato conoscere certe consuetudini e convenzioni, che dovevano invece esser note appieno ai recitatori del tempo. Cosi, ad esempio, nella Resurrezione di Cristo si legge: Giugne Cristo in forma di peregrino e dice senza canto a parole; e così seguiton a parole tredici stanze seguente; dopo le quali invece si nota: Luca dice cantando, e seguitasi tutto il resto in canto. Ora ognun vede che sarebbe molto difficile rinvenire le ragioni di tale diversità di profferenza. Cosi anche nel Miracolo della Maddalena la Frottola a dialogo va sempre, come quella dell' Araldo, a parole, salvo i versi ultimi, e come di conchiusione, che sono cantati: evidentemente per ricongiungere insieme la parte declamata con quella da cantarsi. Nella Santa Dorotea sembrerebbe che tutto dovesse esser cantato, salvo il ternale che è a parole, come trovasi ingiunto anche nella Santa Barbara, per la predica di Origene.

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Tuttavia, quando leggiamo nel principio della Santa Barbara stessa:

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Reciterem con dolci voci e canti;

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e in quello della Resurrezione: "

Questo Misterio glorïoso e santo

Vedrete recitar con dolce canto;

e nella Santa Orsola:"

Che d'Orsola clemente, onesta e pura,
Noi possiam recitar con dolce canto;

1 S. R., vol. II, pag. 249.

2 S. R., vol. I, pag. 347-49.

3 S. R., vol. I, pag. 393, 403, 416, 423.
S. R., vol. II, pag. 81.

S. R., vol. II, pag. 72.
S. R., vol. I, pag. 330.
"S. R., vol. II, pag. 443.

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