gli Angeli devotissime stanze, ringratiando et laudando Idio et la Vergine Maria, sonando diversi stormenti. Et di poi uscivano Angeli cantando versi bellissimi et molto devoti inverso del populo, contenenti che tutti ringratiaseno Idio et la Vergine Maria de la gratia riceuta, et che per l'avenir esso populo non fusse contra Sancta Chiesa. Di poi usciva altro Angelo cantando versi in onore et laude del beato Ambrosio, et quello che representava decto Beato, esciva de la audientia acompagnato da li secretari et altri cortigiani, et umilmente pregatoli che restasseno di acom. pagnarlo, et per fuggire maggiore concorso di chi lo voleva seguire, si ritraeva in una stantia. Discendevano di poi li Angeli, et salivano in sur uno carro, cantando et sonando intorno a la piaza. Et in questo esciva un Angelo de la sommità di decto edifitio giù per una fune con grande velocità verso le caverne de li diavoli, et sopra esse, cantando certi versi contra essi diavoli. Et subito fu fatto uno grande scoppio di una spingarda,' et li diavoli et draconi et serpenti uscirono de le loro caverne, et li Angeli corrivano dietro a li diavoli, et li due armati cavallo escivano et combattevano contro li draconi et serpenti. Di poi uscivano li diavoli di piaza, et li draconi et serpenti rimanevano morti da li armati, a presentare che le anime de le persone di Siena sottoposte allo interdecto escivano de la potestà de li demonj. Et intanto appariva nel edifitio del palco la tornata di Ambrosio a la residentia di Gregorio pontifice, chiamato da lui, representandosi le parole de la andata che to, entrò all' audientia del Papa, et umilissimamente prostrato a'piedi suoi, espose l'ambasciata della sua patria, con eloquente sermone, pieno di parole compassionevoli ed efficaci a disporre l'animo del Pontefice alla misericordia alla gratia, insieme con la desiderata risposta che egli ne riportò, e con quelli adornimi che la licenzia poetica suol concedere ai compositori di somiglianti Rappresentationi, riferendo questa attione vagamente, con maniera grave e dilettevole. 1 Il TOMMASI: un colpo d' artigliaria. E GIULIO SANSEDONI: Per avanti che si fosse inventato l'uso delle bombarde si faceva, come penso, grandissimo rimbombo con altro strumento d'artificioso ordigno, ma dopo il detto uso, ritrovato l'anno 1330, più comodamente potè farsi con lo sparar delle artiglierie. voleva facesse decto Ambrosio ne le parte de la Europa per causa de la recuperatione di Terrasanta. Apresso etiam si representa come in detto camino appari ad Ambrosio el diavolo in forma di romito, tentandolo con ragioni molto colorate et subtili argomenti che dovesse aspirare a le grandi dignità ecclesiastiche.... Et sparito el tentatore, l'Angelo annuntiava el fine de la festa, cantando et sonando; tutti li Angeli del carro con tutta la compagnia de la Representatione si riducevano al convento di Sancto Domenico, et così finiva la festa ». Or qui per fermo trattasi di uno spettacolo che dovè di molti anni esser posteriore al 1273, e che forse fu soltanto ultima ampliazione delle feste, colle quali venne in allora celebrata in Siena la lieta novella arrecata dal beato Sansedoni. Chè a farlo contemporaneo del fatto, nel modo come si descrive, si oppongono, non dirò soltanto i fuochi delle spingarde, ma l'introduzione sulla scena dello stesso Ambrogio e del Pontefice e sua Corte, e l'essere i fatti del protagonista continuati oltre quello dell'assoluzione, e massimamente poi la forma e l'apparato della rappresentazione stessa. Certo è questo, che all'annunzio dell'ottenuto beneficio, fecersi in Siena grandi feste, dalle quali e dalle meritate ovazioni si tenne lontano il sant' uomo e che del fatto e della gioja popolare vollesi tener ricordo anche nei tempi appresso, trasportandone la commemorazione al giorno anniversario della morte di Ambrogio, ed unendovi pur anco i 1 1 Un'antica Cronaca che credesi del 300, conservata in copia moderna nell' Archivio di Stato in Siena, dice così: E tutte le campane suonarono a gloria, che prima non si solevano sonare; e i Signori Nove fecero fare festa otto di continui e giostre e balli e molte mascare e scutubrini (?), e a riverentia di tal festa si fecero molte solennità. Qui non parlasi di Rappresentazione, come ne tace affatto anche una Vita del beato Ambrogio, che manoscritta conservasi in Siena, ed appartiene al secolo XV. Da certe parole della citata stampa del 1509 si potrebbe desumere che l'uso della Rappresentazione non dovesse esser di molto anteriore a tal anno, e poi via via continuato nei seguenti. - Debbo la comunicazione di tutte queste notizie senesi alla cortesia e dottrina del cav. Giuseppe Palmieri-Nuti. 1 giuochi Giorgiani, soliti a celebrarsi nel di che era avvenuta la vittoria di Montaperti. Ma la forma drammatica dovette esser un'aggiunta fatta in anni assai remoti dal 1273, quando appunto si pensò meglio dimostrare per tal mezzo la ragione della festa, e rinfrescare la ricordanza di casi ormai antichi. Quando però ciò avvenisse ci è ignoto, ed anzi tal novità passò tanto inosservata, come naturale esplicamento della festa commemorativa, che nessuna menzione se ne trova negli scrittori cittadini, pei quali invece si direbbe che fin dal principio fu fatta al modo ch'essi vedevano ai di loro. Ma non v' ha per noi nessun dubbio che il far risalire la Rappresentazione della festa del Sansedoni al 1273 non sia un vero errore: e sia necessario farla scendere ad età più 2 'I dragoni assaliti dai cavalieri armati che rammenta la notata descrizione, sarebbero appunto, al dire del TOMMASI, un residuo dei giuochi che soleano celebrarsi ad onore di San Giorgio. Questi giuochi Giorgiani sono così descritti da NICCOLÒ VENTURA, vissuto nel secolo XV: In prima una selva, da poi uno uomo armato in forma di San Giorgio combatta col dragone, e la donzella istia in orazione: questo si faceva a similitudine di San Giorgio, che in Libia, nella città di Silenza, liberò il Re della città di Silenza e la figliuola con tutto il popolo dal dragone; e così a similitudine, e' Sanesi, per che fúro diliberati da tanta fortuna, ordináro che ogni anno si combattesse dinanzi alla chiesa di Santo Giorgio uno dragone contraffatto, e una donzella stésse in orazioni, e questo combattesse con uno uomo armato, in modo di festa, e fusse a ogni anno a perpetua memoria: PORRI, Miscellanea istorica sanese, 1844, pag. 97. È curioso che i Fiorentini, che in Siena erano raffigurati nel drago, avessero anch'essi, come vedremo più oltre, una consimile Rappresentazione di San Giorgio, della quale ci è ignota l'origine storica, forse non molto diversa da quella senese. 2 La prima e più semplice forma delle feste in onore del beato Sansedoni e per rallegrarsi dell' assoluzione dall'interdetto potrebbe, in certo modo e dato le differenze dei tempi, esserci rappresentata dalla festa che fu fatta a Siena per celebrare l'elezione di Pio III nel 1503, della quale trovasi una minuta descrizione nel codice Magliabechiano XXVII, 118, additatomi dall' egregio collega professore Enea Piccolomini. Fu allora alzato un palco sulla piazza del campo, riccamente ornato, e del quale il codice ha un elegante disegno. In mezzo v'era la Vergine circondata dal coro degli Angeli; da un lato un sacerdote, rappresentante il nuovo Pontefice circondato dalla sua Corte. Cantata solennemente la Messa e fatto un discorso allusivo al fatto, da un fiore sbocciavano alcune bianche colombe Origini del Teatro italiano. - I. 9 tarda, alla metà almeno del secolo decimoquinto, quando spettacoli siffatti cominciarono a rendersi sempre più frequenti nelle città toscane. X. I Flagellanti e la Lauda drammatica umbra. Le Rappresentazioni friulane di carattere ciclico e i Ludi padovani sono stati da noi menzionati come i più antichi esempj che l'Italia offra di Dramma sacro; non già perchè sieno il germe, da cui sorse la forma, onde vogliamo più specialmente tener discorso, e colla quale hanno soltanto quella relazione che due diverse specie hanno fra sẻ, perchè derivate da uno stesso genere. Restano eglino, adunque, un fatto staccato, senza alcun visibile legame coi monumenti drammatici di età posteriore e in lingua volgare, tanto che ci è forza ricercare altrove le prime origini della Sacra Rappresentazione. << Nell'anno 1260 (dice uno scrittore sincrono), mentre l'Italia tutta era da molte scelleraggini inquinata, una commozione subita e nuova occupò dapprima i Perugini, indi i Romani, di poi quasi tutte le popolazioni italiane, cui per modo sopravvenne il timor di Dio, che, ed un Angelo che al popolo annunciava la festa: orava il sacerdote che faceva da Pontefice, pregando la Vergine di concedergli le forze sufficienti a regger la Chiesa; poi cantava la Vergine, indi i santi senesi Caterina e Bernardino ed altri, indi un coro di sedici Angeli; dopo di che si dava nelle trombe e nelle campane, mentre figuravasi la coronazione del novello Papa. Il codice contiene le parlate in versi dell' Angelo al popolo, di Maria al Pontefice, del Pontefice a Maria, e del coro degli Angeli: e, salvo in quest' ultimo caso, che abbiamo una laude, le rimanenti sono ottave. È, come ognun vede, una pompa simbolica, con qualche sprazzo di forme drammatiche: anzi la parlata dell' Angelo al popolo è imitata dai soliti prologhi delle Sacre Rappresentazioni. nobili ed ignobili, vecchi e giovani, e perfino fanciulli di cinque anni, per le piazze della città, nudi e sol coperti le parti vergognose, posto giù ogni ritegno, processionalmente incedevano, tenendo ciascuno in mano un flagello di cuojo, con gemiti e pianti acremente frustandosi sulle spalle fino ad effusione di sangue. Lasciato libero sfogo alle lagrime, come se cogli occhi stessi del corpo vedessero la Passione del Salvatore, imploravano piangendo la misericordia di Dio e l'ajuto della sua Genitrice, supplicando che, come ad altri innumerevoli peccatori, cosi a loro, penitenti, perdonate fossero le peccata. E non solo nel giorno, ma nella notte ancora, con ceri accesi, durante un freddo asprissimo, a centinaja, a migliaja, a decine di migliaja andavano attorno per le chiese delle città, e si prostravano umilmente innanzi agli altari, preceduti da sacerdoti con croci e stendardi. Altrettanto face vasi nelle ville e ne' castelli, sicchè delle voci dei gridanti a Dio sembravano risuonare egualmente i campi ed i monti. Tacquero allora i musici strumenti e le amorose cantilene; il solo lugubre canto dei penitenti d'ogni parte si udiva, tanto nelle città, quanto nel contado: alla cui flebile modulazione i cuori più duri si ammansivano, e gli occhi dei più ostinati non potevano trattenersi dalle lagrime. Nè le donne furono aliene da si gran devozione, ma nelle loro stanze non solo le popolane, bensi anche le nobili matrone e le vergini delicate con ogni onestà facevano altrettanto. Allora quasi tutte le discordie tornarono in concordia; gli usurai e i rapaci si affrettavano a restituire il mal tolto, gli uomini macchiati di diversi delitti confessavano umilmente i loro peccati, e si correggevano della lor vanità. Si aprivano le carceri, si liberavano i prigionieri, e gli esuli avevano liçenza di tornare alle lor case. In breve, tanto di santità o di misericordia uomini e donne mostravano, come se temessero che la divina Potenza li volesse consumare col fuoco celeste, o scuotere con veementi terremoti, e con altre piaghe, colle quali suole la divina Giustizia vendicarsi de' malvagi. Di tal repentina penitenza, che anche oltre i confini d'Italia per diverse provincie si diffuse, non solo gli no |