Imej halaman
PDF
EPUB

CAPITOLO IV.

Delle separazioni dei patrimoni nel
Diritto Romano.

Per formarsi un chiaro concetto del benefizio della separazione dei patrimoni nelle moderne legislazioni e specialmente nel nostro Codice Civile Italiano, sarà utile dare un rapido sguardo retrospettivo al Diritto Romano, che regolava questa materia.

Delle separazioni dei patrimoni si occupò la legislazione Giustinianea, che dedicò loro specialmente il Titolo VI del Libro XLII nelle Pandette e il Titolo LXXII del Libro VII nel Codice, riunendole quasi tutte sotto una stessa rubrica, venendo a parlarne quasi incidentalmente, trattando del principio dell' espropriazione del debitore, che era loro comune (1). Ma prima di venire ad enumerare partitamente le diverse persone alle quali, oltre che ai

(1) CUIACIO: Paratitla Ad Tit. VI lib. XLII Dig.

creditori ereditari e legatari competeva questo benefizio, noterò col Righini, come nella sua origine quest'istituto corrispondeva letteralmente alla sua denominazione. Il Testo, non meno che le spiegazioni degli interpreti, concordemente ci fan fede, che veniva a cessare la confusione dei beni e della personalità del defunto con quella dell'erede, l'adizione si considerava come non avvenuta e l'eredità si riteneva come tuttora posseduta dal defunto e non dall' erede (1). Coloro dunque, che chiedevano la separazione dei patrimoni, avendo avuto luogo già l'adizione dell' eredità, ma re adhuc integra (2) potevano ottenere dal Pretore o dal Preside (1.1, §. 14, Dig. De Sep.; Ulpiano lib. 64. Ad Edict.) causa cognita (1.2 Cod. De bon. auct. judic. poss. et de bon. poss.) di essere immessi nel possesso di quei beni, sui quali avevano fatto assegnamento fino allora, ut ea pro pignore habeant (3), onde poter poi giustamente (4) su quelli soddisfarsi.

(1) La 1. 1, §. 1, Dig. De Sep. distingue infatti le 2 masse di creditori: « creditores Seii.... creditores Titii » e dice et sic quasi duorum fieri bonorum venditionem » e CUIACIO: Opera omnia, t. IV Ad leg. IV De Sep. osserva a questo proposito che la separazione fa sì: « ut unum patrimonium, quod scilicet <<< aditio hereditatis genere quodam fecerat unum quasi dividatur in duo et una « persona, quae fingitur esse heredis et defuncti, quasi dividatur in duas ». (2) HEINECIUS: Ad Pandectas part. VI, §. 272.

(3) Come dice CUIACIO: Ad leg. IV De Sep. spiegando il motivo per cui il benefizio della separazione dei patrimoni fu anche chiamato pignus praetorium; gli si diede pure il nome di remedium indemnitatis, come si rileva dalla 1. 2, Cod. De Bon. auct. ecc. (72, VII).

(4) Est igitur aequissimum (1. 1, §. 1, Dig. De Sep.).

E sebbene, come nel secondo capitolo, ho già notato, la separazione dei patrimoni fosse collettiva e generale (1), cioè facesse sì che la massa dei creditori del defunto fosse separata dalla massa dei creditori dell'erede, alla pari di ciò che accadeva rispetto ai beni del primo e quelli del secondo, tuttavia questo benefizio non giovava che a coloro che lo chiedevano (1.1, §.16, Dig. De Sep.) (2) e ciò era giusto, essendo in relazione col principio: jura vigilantibus prosunt. Circa poi a sapere in quale misura giovasse è controverso, ritenendosi dai più, che desse la facoltà di essere pagati per intiero, da altri, che accordasse soltanto la quota, che sarebbe spettata nel concorso di tutti i creditori (3).

(1) Communis cautio (1. 4 Dig. De Sep.) MOURLON: op. cit. t. 2, §. 468, BARAFORT: op. cit. §. 6, pag. 12.

(2) Così pure il SALGADO: Labyrint. credit. concurr. pars 1, cap. IX pag. 69, n. 27 <.... et imo omnia jura illius tituli De Separationibus, dum tractant de << separatione, loquuntur conditionaliter si separatio postuletur ».

(3) II RIGHINI fondandosi sulle deduzioni generali tratte dall' EINECIO, DONELLO, SALGADO ecc., si attiene alla prima opinione, respingendo la seconda sostenuta dal VOET; ma forse a torto gli dà la taccia di avere attinta la sua convinzione piuttosto dalla giurisprudenza invalsa di poi e che modificò radicalmente l'istituto romano, che non dal positivo diritto antico. Potrebbe infatti darsi che il VOET. (Ad Pandectas lib. 42. tit. 6, al n.o 3) avesse voluto riferirsi al caso che i creditori ereditari durante il tempo che anche agli altri è sempre lecito di chiedere la separazione, cioè durante i 5 anni, non potessero giustamente pretendere di più di quello che nel concorso di tutti sarebbe loro spettato. Poichè, se avessero ottenuto l'intero credito, si sarebbe potuto verificare l'inconveniente per loro di dover restituire quanto più degli altri avrebbero avuto senza nessun diritto, giacchè l'aver chiesto in precedenza dentro il tempo utile la separazione non deve conferire nessun diritto di preferenza. Con questa interpretazione il n.o 3 del Commento alle Pandette del

Ma vediamo, a quali persone competeva questo benefizio della separazione dei patrimoni.

Tutti concordano nel ritenere, che esso spettava in modo principale ai creditori del defunto ed ai legatari, estendendosi quasi per analogia, similiter, come dice il Mühlenbruch (1), alle altre persone, delle quali è fatto parola nelle nostre fonti. Prima dunque tratterò dei creditori ereditari.

La separazione dei patrimoni era concessa a tutti coloro, ai quali il defunto era debitore per qualunque causa (2), anche per quelle che non sarebbero bastate per far sì, che il debitore convenisse in giudizio il defunto (3). I creditori del defunto se fossero divenuti suoi eredi potevano, secondo un Rescritto di Diocleziano e Massimiano impetrarla pertino contro i coeredi insolventi (1.7 Cod. De bon. auct. jud. poss. ecc.; Gaius lib. 23 Ad Edict. Provinc.). Giovava ai creditori chirografari specialmente, ma poteva tornar utile anche a quelli ipotecari (4) nei casi, che l'ipoteca non

VORT peccherebbe soltanto un poco per la chiarezza e non si troverebbe in contraddizione coll' opinione tanto calorosamente sostenuta dal RIGHINI, che i creditori favoriti dalla separazione debbano essere pagati per intiero. Tuttavia, come ho già avvertito, nel Testo tale opinione non si trova pacificamente accolta da tutti gli interpreti, dissentendo infatti tra gli altri il Prof. DOVERI: op. cit. pag. 600.

(1) MÜHLENBRUCH: Doctrina Pandectarum pars gener. lib. II De Juribus, cap. 5. §. 175 De Sep. bon.

(2) MÜHLENBRUCH: op. cit. pars spec. lib. V De Hered. Jur. cap. IV §. 701. (3) POTHIER: Ad Pandectas De Sep. art. 2.°.

(*) Alcuni erroneamente non riconoscevano questo diritto, che ai creditori chirografari, da quanto rilevo da una nota del MÜHLENBRUCH: luog. cit.

fosse sufficiente a garantire il credito, ovvero quando si temeva, che essendo l'ipoteca generale, per la confusione dei patrimoni non si venisse più a sapere, su quali beni si doveva esercitare il diritto di preferenza. Se ne potevano valere tanto i creditori, sottoposti a condizione quanto quelli a termine. (1.4, Dig. De Sep.; Papin. lib. 12 Resp.). E si noti bene, che questo benefizio veniva accordato ai creditori del defunto e non già a quelli dell' erede (1), salvo casi eccezionali, che nel seguito noterò. Nè ciò si poteva dire ingiusto, poichè i creditori dell'erede avevano seguito la fede del loro debitore e, come abbiamo visto, licet alicui adjiciendo sibi creditorem creditoris sui facere deteriorem conditionem (1.1, §.12, Dig. De Sep.) (2). Del resto vennero abbastanza tutelati indirettamente con quel provvedimento (3) introdotto nel seguito da Giustiniano (Nov. I, Cap II, §.1) allo scopo di premunire l'erede dalle accettazioni dannose di eredità e di evitare, che facilmente riman

(1) « Ex contrario autem creditores Titii non impetrabunt separationem >>> (1.1, §.1 Dig. De Sep.) ciò è detto chiaramente, e s'induce pure dalla 1.1, §. 8 eod. tit.

(3) Rigorosamente parlando, a dire il vero, questa ragione mi sembra però che si potrebbe anche addurre per negare ai creditori ereditari ed ai legatari il diritto di chiedere la separazione, potendo dirsi, che essi avrebbero potuto prevedere il caso, che il debitore morendo avesse voluto lasciare la successione ad un erede oberato, circostanza che equivarrebbe a quella di aggiungersi un nuovo debitore.

(*) II benefizio d'inventario, il quale come dice il SALGADO (Labyrint. credit. concurr. pars 1 cap. IX, p. 69 n.o 26): « praeservat ne commixtio fiat <<< et ipsa hereditas adhuc habetur pro jacente, tanquam si non fuisset adita ».

« SebelumnyaTeruskan »