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a quella degl'istituti, anzi che sforzare questi a pigliare forma e disciplina, non dalla intima loro sostanza, sì bene dal rimaneggiamento tutto artifiziale, che legislatori e giureconsulti, o male avvisati, o troppo amanti, alcuni d'anticaglie ed altri d'inconsulte e temerarie novità, ne abbiano fatto.

Il tempo di regola importa progresso, e tanto maggiore, quanto più retta è la linea percorsa. Ma quando da questa si devia, il progresso può essere, non che ritardato, compromesso e convertito in regresso. Gli è allora appunto che si progredisce, ritirando le cose ai principi, per ripigliare la via maestra e correre più spediti e veloci al fine. E ciò sia detto per coloro, che chiamano amanti soltanto delle anticaglie e presi da feticismo pel diritto romano gli Scrittori i quali intendono, col ritirare le cose ai principi, di correggerne gli aberramenti e le fatali conseguenze.

§ I.

DEL CONCETTO ONTOLOGICO DELLA USUCAPIONE

SECONDO IL CODICE CIVILE.

627. Il concetto più generale della usucapione o prescrizione acquisitiva, che si può costruire sugli articoli 710, 629, 2105, 2106, 2037, 2135 del codice civile si è il seguente. Il possesso legittimo durato un certo tempo e sotto determinate condizioni fa acquistare diritti. L'analisi de' singoli termini di cotesta proposizione, se è vera, dee comprendere e svolgere tutta la teorica della usucapione o prescrizione acquisitiva, secondo il codice civile italiano.

I. Della importanza che il possesso ha per la usucapione.

628. L'art. 2106 dice, che per acquistare è necessario un possesso legittimo. Egli è dunque il primo e più essenziale elemento, in cui la forza e la sostanza stessa della usucapione risiede: però che sia veramente il possesso legittimo che grado grado acquista maggiore consistenza, finchè da ultimo si trasforma in proprietà, diritto reale, o in altro diritto che gli assomigli, o a modo di

diritto reale venga trattato; ma così come se fosse stato acquistato sino dal principio del possesso. Ecco perchè con tanta accuratezza l'art. 631 si studia di stabilire il principio del possesso nelle servitù positive e negative. Fu dunque giustamente osservato, che la necessità del medesimo, come elemento consustanziale della usucapione, voleva essere espressa nella definizione; la quale in genere riesce esatta solo allora, che descrive bene e per intero la sostanzial natura della cosa definita. Che cosa sia poi il possesso legittimo, non è questo il luogo, in cui se ne abbia a discorrere; e d'altronde lo definisce abbastanza chiaramente l'art. 686 del codice civile.

II. Dei diritti che possono acquistarsi colla usucapione.

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629. Quali sono i diritti che possono acquistarsi colla usucapione? Ecco un altro elemento del concetto generale ed ontologico della usucapione, da determinare con ogni precisione La proprietà e gli altri diritti sulle cose, che è quanto dire ogni diritto reale, risponde l'art. 710. Le servitù continue ed apparenti, risponde l'art. 629. Un immobile o un diritto reale sopra un immobile, risponde l'art. 2137. Un diritto senza appellativo e senza distinzione, risponde l'art. 2105, in cui si è inteso racchiudere, ma senza riuscirvi, il vero concetto più generale della usucapione. Che estensione ha dunque l'art. 2105 ragguagliato agli articoli sopra citati, in ordine ai diritti che possono usucapirsi? Un qualche garbuglio di concetto che in tutto ciò vi sia, non è a dubitare. Della proprietà e dei diritti reali, che possano usucapirsi è cosa certa, attese le disposizioni speciali degli articoli 629, 713 e 2137 del codice civile. Ma oltre di questi la usucapione dee pur comprendere ogni altro diritto, che sia ai diritti reali assomigliabile, in quanto abbia o gli si attribuisca per legge, un'entità obbiettiva, quasi fosse cosa reale e salda? Tra cosiffatti diritti occupano un posto distinto quelli, che concernono le universalità, come doti, peculi, stabilimenti, patrimoni, eredità, che abbiamo di già veduto poter essere oggetto di possesso e di usucapione in giure romano e comune. A suo luogo discuteremo, se possa darsi caso di usucapione pei diritti di ob

bligazione, ma solo quando forniscano oggetti di contratto, di transazione, di dazione in solutum, ecc.; non altrimenti che la proprietà e i diritti reali. Notisi ad ogni modo in questo luogo, che il codice civile, parlando di usucapione, volge il discorso ai diritti, anzi che alle cose che ne sono l'obbietto. Egli è un effetto della forza, che esercitano i concetti più generali ed esatti della nostra età.

III. Delle condizioni o qualità che vuol avere il possesso per operare la usucapione.

630. Le condizioni o qualità del possesso estrinseche alla sua natura, ma volute e determinate dalla legge, sono il tempo, il titolo e la buona fede. Il tempo è vario; e secondo che è più o meno lungo, si esige o no il concorso degli altri due requisiti, titolo e buona fede, che vanno sempre e necessariamente congiunti.

Nelle usucapioni per acquisizioni

1o. Durata del possesso. derivative, il tempo è di una durata relativamente breve, sia che si tratti di proprietà o di altri diritti reali sopra immobili, sia che si tratti di proprietà o diritti reali sopra mobili; di dieci anni nel primo caso (art. 2137), di due anni nel secondo (art. 2146). Quindi è che nell'uno e nell'altro caso si esigono titolo e buona fede. 2° Possesso di buona fede titolato. Per gl'immobili cotesta necessità viene dichiarata dal legislatore (art. 2137). Per i mobili conviene sottointenderla, perchè altrimenti l'acquirente dovrebbe dirsi complice della sottrazione o ricettatore e smaltitore doloso della cosa smarrita o sottratta. L'art. 2146 pertanto, benchè non menzioni nè titolo, nè buona fede, presuppone necessariamente l'uno e l'altra; e basta considerare, che si applica ai casi preveduti dagli art. 708 e 709 del codice civile per non aversene a dubitare. L'art. 2146 richiama l'art. 709, il quale parla di cosa comprata in una fiera, o in un mercato, ovvero in occasione di una vendita pubblica o da un commerciante, che faccia pubblico spaccio di simili oggetti. La necessità del titolo è sempre presupposta; nè qui è luogo a parlar della prova.

631. Dal presente punto di vista non occorre indagare, in particolare, quali sieno i titoli richiesti e di che qualità la buona fede. Ogni convenzione, ogni rapporto giuridico capace a trasferire, diritti usucapibili, dall'una all'altra persona, è titolo idoneo alla usucapione e si può dire in generale, che sono quei medesimi di sopra indicati, avuti in eredità dai Romani. I quali avendo sottilmente indagato quasi tutti i possibili modi di trasmissione, hanno ristretto d'assai il campo della inventiva moderna. Intorno alla buona fede, pure in generale, si può osservare, che si deve essenzialmente comporre di due elementi distinti; della stima leale, per parte dell'usucapiente, della validità del titolo, avente per lo meno una esistenza formale; e della opinione ferma e coscienziosa, che chi dà opera alla trasmissione di un diritto, ne sia investito o abbia la facoltà di trasmetterlo. Senza di ciò la buona fede si presume affettata; e il legislatore ha spinto il rigore sino al punto, da non menarla buona, ancorchè veridica, quando la estimazione fallace, non da malo proposito, ma da negligenza o desidia proceda, nel procacciarsi le debite informazioni. Così la forma dei titoli essendo stabilita dalla legge, non è lecito ignorarla. Onde la buona fede meramente subiettiva non giova, quando sia sorretta da un titolo nullo per la forma.

3° Pubblicità del possesso. La legge col dichiarare necessario il possesso legittimo, ne ha voluto la pubblicità. La pubblicità del possesso, in ordine all'usucapione per acquisizioni derivative, è per più rispetti necessaria. Necessaria dirimpetto al vero proprietario, perchè se egli non vede l'obietto del suo diritto posseduto da altri, non si può presumere il suo consenso, nè la sua acquiescenza; per dire almeno che « vix est ut non videatur alienare, qui patitur usucapi. Necessaria a togliere ogni ombra alla buona fede dell'usucapiente, essendo che un possesso occulto, come un possesso violento, porta in se stesso scolpita l'impronta della mala fede. Necessaria finalmente all'universale de' cittadini, non già per il preteso consenso dei medesimi, quasi che questi concedessero di acquistare al possessore l'altrui proprietà e diritti, mediante una

specie di plebiscito, come erroneamente, per nostro avviso, fu detto dei Romani, a prescindere dai primissimi tempi, più o meno ravvolti nel buio; ma sì invece perchè tutti conoscer potessero il vero stato delle cose, e conformemente ad esso, con sicurezza e fiducia, regolare i propri atti e le transazioni civili cogli altri cittadini.

632. Se non che fu agevole vedere, qualmente la pubblicità del possesso, se poteva bastare, allorchè i rapporti e le transazioni civili non uscivano da una cerchia ristretta; non si potea più ravvisare sufficiente in un tempo, in cui le rapide comunicazioni hanno allargato di tanto lo spazio intorno a noi, e il vapore e l'elettrico, percorrendolo con prodigiosa rapidità, hanno di necessità dilatato immensamente il campo dell'attività umana nelle transazioni civili e commerciali. Bisognava adunque una pubblicità maggiore e diversa, cui riescisse facile a tutti conoscere e consultare. Cotesta pubblicità il legislatore l'ha trovata nella trascrizione del titolo all'uffizio ipotecario; appunto perchè chiunque, per contrarre intorno ad un immobile o ad un diritto reale sopra immobili, vuol essere tranquillo, può conseguire lo intento consultando i registri delle ipoteche, come appresso agli antichi romani si sarebbe potuto, facendosi aprire da chi era incaricato di custodirli, i registri delle mancipationes e delle in iure cessiones; registri, che vennero abbandonati, come la barbarie irruente alla pubblicità civile dei registri, surrogò quella tutta materiale della tradizione, della Saisine. Non sappiamo, perchè il legislatore non abbia aggiunto le indicazioni del censo, se non fosse perchè questo non è ancor bene e dappertutto uniformemente ordinato. Lungi dall'approvare il sistema tabellare germanico, siamo per altro d'avviso, che i registri del censo e delle ipoteche debbano gli uni e gli altri contribuire d'accordo alla pubblicità. D'accordo nella sostanza, siamo discordi quanto alla forma.

IV. - Delle usucapioni derivative di più lungo tempo.

633. Per verità le usucapioni per acquisizioni derivative possono essere anche di più lungo tempo.

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