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INTRODUZIONE

Tra i vari modi di acquisto che il legislatore patrio enumera al libro terzo del Codice civile, trovasi la successione, di cui egli detta le norme al titolo secondo dello stesso libro.

Tale istituto si è maturato attraverso i secoli. - Nato a Roma ed esplicato nelle auree pagine del diritto romano, ai frammenti del Corpus Iuris si ricorre per la risoluzione delle numerose, non lievi ed intrigate questioni, cui detto istituto dà luogo.

Tra le diverse teorie trovasi quella dell'erede apparente, importantissima per la sicurezza dei diritti e pel credito immobiliare, non facile per le sottili investigazioni cui dà luogo.

La figura dell'erede apparente, fu tratteggiata ampiamente nel diritto romano, ed i principî romani, passati nelle consuetudini, furono dalla moderna dottrina ora accolti, ora repudiati. La teoria da campo ad innumerevoli investigazioni, ove pur si consideri che non tutti i codici la regolarono come il legislatore patrio ha fatto, occupandosene a grandi linee nell'articolo 933 del Cod. civ. ove ha sancito: «Son però sempre salvi i diritti acquistati dai terzi per effetto di convenzioni a titolo oneroso fatte di buona fede con l'erede apparente. Se questi ha alienato in buona fede una cosa dell'eredità, è soltanto obbligato a restituire il prezzo ricevuto o a cedere la sua azione contro il compratore che non lo avesse ancora pagato.

« L'erede apparente di buona fede non è tenuto alla restituzione dei frutti, se non dal giorno della domanda giudiziale. >>>

Così a grandi linee il nostro legislatore ci tramandò, la teoria del diritto romano, che volle in parte accettare, in parte modificare, non tenendo conto del detto di Crasso presso Cicerone che cioè, eccetto del diritto romano sia ogni altro diritto civile inconditum ac pene ridiculum.

Cosi l'art. 933 contiene delle disposizioni che troncano talune controversie e non hanno riscontro nel codice francese, nè negli Stati in cui ebbero impero le diverse legislazioni della penisola.

I Romani avevano studiato tutte le questioni nel libro V, Titolo III del Corpus Iuris. Dalle fonti risulta che già prima del S. C. Giovenziano si era sulla materia discusso da Labeone e da Octaveno. Rapporti di diritto troviamo nel S. C. di Adriano e uno dei lati importanti della teoria è guarlato da Ulpiano nel § 17 che accompagna la legge 25 D. de hereditatis petitione.

L'antica giurisprudenza francese cercò attingere alla teoria romana, come rilevasi da Pothier. Il legislatore francese all'art. 777 (1) corrispondente all'art. 933 del nostro Codice, pur sancendo che l'effetto dell'accettazione risale al giorno dell'aperta successione, tacque sulla teoria dell'erede apparente, dando campo alle dispute dei dotti, alle varie decisioni giurisprudenziali. Così pure muti sono i codici al nostro antecedente, onde le decisioni sono uniformi a quelle francesi.

È nelle codificazioni dell'Impero Germanico che troviamo, pur non facendosi menzione di erede apparente, dei paragrafi consacrati a tali rapporti, sotto il nome di Erbschaftsanspruch e prima ancora del Codice germanico ricordiamo che anche il sassone ha al libro V, parte IV una sezione dedicata a questo scopo.

Per quanto si riferisce al Codice nostro possiamo quindi affermare che le imperfezioni e le lacune danno luogo ad un importante studio, al quale or ora ci accingeremo con le deboli forze consentite ad un modesto studioso, esaminando in un primo capitolo chi possa dirsi erede apparente, studiando nei due successivi i rapporti tra quest'ultimo e il vero erede prima e poi quelli tra i terzi e lo stesso erede vero.

CAPITOLO I.

L'erede apparente.

SOMMARIO.

§1. L'erede apparente. § 2. L'erede apparente nelle varie fasi della dottrina. § 3. L'indegno. § 4. Il possessore di una minima parte d'eredità. § 5. 11 coerede. § 6. Successori irregolari. § 7. Caso dell'assenza. § 8. Buona e mala fede.

§ I.

Chi sia erede apparente.

La legge non stabilisce chi debba intendersi erede apparente, nè ciò deve sembrare strano, essendo precipuo scopo di essa, quello di imperare e non di definire. È noto infatti come furono primi i giureconsulti romani nutrire sfiducia contro le regole generali o definitiones (2).

a

(1) L'art. 777 Cod. franc. così si esprime: « L'effet de l'acceptation remonte au jour de l'ouverture de la succession ». (2) 1. 202 D. de R. I., L. 17.

Chi è erede apparente? È questa una formula cosi generale da far comprendere ch'essa racchiuda il concetto che debbasi ritener tale chiunque detenga l'eredità come universum ius, senza aver riguardo se il possesso sia legittimo, di buona o di mala fede, se derivi da un titolo nullo o meno?

Determinare entro quali confini si comprenda il concetto di erede apparente é importante, perchè si possa poi valutare fino a qual punto siano da estendersi le norme dettate dall'art. 933 Cod. civ.

Epperò sorge primo dalla stessa espressione un importante requisito nella nozione di erede apparente, quello della parola: erede.

Bisogna trovar uno che possegga a titolo di erede, non nel senso romano di possessore pro herede, per cui si richiede un titolo giuridico; ma come possessore di un insieme di titoli, cose e diritti, di quel nomen iuris detto eredità. Su ciò nessun dubbio.

Ma chi ha un possesso senza veruna base o titolo giuridico, può considerarsi erede apparente? Di tal concetto non possono stabilirsi i confini senza distinguere tra l'erede di buona e quello di mala fede. E si ricava dalla legge la distinzione. Poichè essa parla di erede apparente di buona fede, vuol dire che vi è anche quello di mala fede e cosi pare a noi che una volta determinato chi siano gli eredi apparenti di buona fede e chi quelli di mala fede, avremo la nozione di erede apparente.

L'art. 933 Cod. civ. nulla determina in riguardo alla buona fede, può però questa desumersi da altre norme? Se l'erede apparente è un possessore dell'eredità, il titolo del possesso che regola la buona e la mala fede, sarà anche quello che dovrà reggere i principi della buona e della mala fede nella subietta materia? L'art. 701 Cod. civ. è applicabile?

Fra noi il Borsari (1) ritenne la definizione dell'art. 701 Cod. civ. di indole particolare e solo relativa agli articoli che seguono e che per altri casi si dovesse dare alla buona fede un senso diverso secondo le circostanze. Cosi pure ritenne il Seresia (2) di fronte all'art. 550 del Codice Napoleonico. Egli cosi ragiona: l'art. 550 non riguarda che il caso di colui che possessore di una cosa singola è convenuto con la rivendicazione. Se tale disposizione si applicasse all'eredità, dovrebbe essere considerato come possessore di buona fede soltanto colui che possiede in forza di un testamento valido per la forma, ma colpito da un vizio ch'egli ignora. Colui che avesse acquistato il possesso in virtù di un testamento nullo per la forma o perchè si credeva erede ab intestato, non può essere ritenuto che possessore di mala fede. Poco importerebbe che l'erede apparente avesse ignorato i vizi del testamento o che, trovandosi in caso di successione legittima, non avesse affatto dubitato che esistessero parenti più prossimi di grado e tali da escluderlo.

Segue il Ricci (3) parere contrario quando testualmente afferma che la

(1) BORSARI, Commento al Cod. Civ. It., 1. III, tit. II, § 2013, lett. B.

(2) SERESIA, De la petition d'hérédité en droit moderne, n. 143, Bruxelles 1873.
(3) RICCI, Corso teorico-pratico di Dir. Cir., vol. IV, § 21, p. 29, 2.a ed., Torino 1893.

buona fede dell'erede apparente deve essere stabilita con le norme che regolano la buona fede del possesso in genere.

Così il Pacifici-Mazzoni (1), il Tartufari (2), il Maierini (3), il Salvioli (4) Il Brunetti (5) esponendo con parole analoghe a quelle usate dal legislatore nell'art. 701 Cod. civ. il concetto contenuto nell'art. 933, così si esprime: <<< riguardo ai beni dell'eredità, il possesso del diritto ereditario produce a « favore dei terzi di buona fede acquirenti a titolo oneroso l'effetto stesso del << titolo ». Per lui è erede apparente «colui che ha assunto il titolo e la <<< qualità di erede, che esercita e possiede il diritto ereditario prima dell'ac<<< cettazione da parte del vero erede, colui contro il quale il vero erede << intenta l'azione di petizione d'eredità, il possessore pro herede del diritto << romano. Apparentemente ha il diritto chi lo esercita, in fatto chi lo pos« siede » (6).

Nella dottrina francese il Laurent (7) si avvicina a tale teoria. Egli confutando la costruzione dello Zachariae dice: «l'erede il quale conosce che « vi è un parente più prossimo, conosce altresì che l'eredità appartiene a <<< questo parente; egli sa dunque che non gli appartiene, s'impadronisce senza <<< titolo e senza diritto dei beni di cui è proprietario e possessore il suo << parente, dunque è in mala fede ».

Tralasciando per ora di occuparci largamente della buona e mala fede, cosa che in seguito faremo, chiaro apparisce come il Laurent parlando di titolo, si riferisca alla teoria del possesso. Per lui sono eredi apparenti tutti coloro che posseggono come eredi, senza aver diritto all'eredità (8).

Anche l'Iannuzzi (9) si accosta a tal teoria, chiamando erede apparente chi possiede come erede e può essere di buona e di mala fede.

Noi ci avviciniamo alla opinione di coloro che trovano nelle norme del possesso quelle che imperar devono per la buona e la mala fede dell'erede apparente. Il nostro Codice ha riunito in unica sede gli articoli sul possesso ed ha avuto lo scopo di esporre una dottrina generale di questo.

Se perciò, trovandoci di fronte alla nozione di erede apparente, ch'è possessore dell'eredità, dobbiamo parlare di una efficacia del possesso, sulla dottrina dell'eredità, non possiamo pensare che a quel possesso che il codice regola. Non possiamo rivolgerci ad altri principî, ed il fatto che il legislatore non ha espressamente regolato la buona e la mala fede in fatto di

(1) PACIFICI-MAZZONI, Trattato delle Successioni, vol. V, p. 201. (2) TARTUFARI, Del possesso qual titolo di diritti, vol. II, p. 430 e seg., Bocca, 1878. (3) MAIERINI, Studi intorno all'art. 933 Cod. Civ. Ital., in La Legge, XII, 3, p. 6 е 80. (4) SALVIOLI, Studio sull'art. 933 Cod. Civ., in La Legge, vol. I, Serie IV, p. 320. (5) BRUNETTI, L'erede apparente, in Archivio Giuridico, vol. 55, fasc. 1 e 2.

(6) Il LOSANA, Le disposizioni comuni alle Successioni legittime e testamentarie secondo il Cod. Civ. it. a pag. 54 stabilisce un confronto tra gli art. 707 e 933 Cod. Civ. (7) LAURENT, Principi di diritto civile, vol. IX, p. 462 e seg., 2.a ed. Vedi pure nello stesso senso: HUREAUX, Traité de la succession, n. 112, Paris 1868.

(8) LAURENT, op. cit., n. 513, p. 464.

(9) IANNUZZI, Della condizione giuridica dell'erede apparente e degli atti compiuti dal medesimo coi terzi, Appendice V, nel LAURENT, op. cit., vol. IX, pag. 670-709.

erede apparente, induce necessariamente a ritenere che intese riferirsi aglı stessi principi altrove formulati.

È quindi alla stregua dell'art. 701 Cod. civ. che dovrà essere regolata la buona fede. « È possessore di buona fede, sancisce il citato articolo, chi <<< possiede come proprietario in forza di un titolo abile a trasferire il do<< minio, del qual titolo ignorava i vizi ». Se tale quindi è l'erede apparente di buona fede, sarà di mala fede colui che non possiede i beni ereditari con gli estremi del possesso di buona fede, determinati dall'art. 701 Cod. civ.

Dunque si deve stabilire che sotto il concetto di erede apparente si deve comprendere tanto colui che sia in possesso dei beni dell'hereditas in base a un titolo del quale ignori o conosca i vizi, come quegli che sia senza titolo. Si avrà nel primo caso l'erede apparente di buona fede, negli ultimi due quelli di mala fede.

Così la Corte di Torino (1) chiamó erede apparente colui al quale atti e fatti diversi danno sembianza di vero erede, lo che si manifesta se possiede ed amministra da più anni, pubblicamente e pacificamente l'eredità quale successore universale, si trova iscritto come tale nei libri del censo, addiviene ad atti di erede al cospetto di tutti, in modo da ingenerare in chiunque la convinzione morale e materiale d'essere egli il vero erede. Cosi la Cassazione di Napoli con la sentenza 6 maggio 1905 (2) decise doversi ritenere erede apparente chi si trova nel possesso legittimo dei beni ereditari, ancorchè sappia di non essere erede e la stessa Corte a 11 luglio 1901 (3) affermò chiamarsi erede apparente chi possegga l'eredità con la veste di erede mentre non è chiamato all'eredità. E la Cassazione di Palermo a 27 novembre 1906 (4) ribattè che la qualità di erede apparente non sta solamente nella affermazione di erede, che faccia in suo pro il possessore dell'eredità, ma nella estimazione generale, la quale non può provenire che da un possesso pubblico, pacifico e non contraddetto (5).

E tal concetto era ammesso anche prima del Codice. Il Forti (6) citato dal Brunetti, così si esprime in proposito: «Molti sono i casi pei quali può accadere che l'eredità sia posseduta da chi non è l'erede, ma credeva di esserlo, o perchè chiamato dalla legge alla successione legittima, o perchè invitato alla successione da un testamento, che credeva valido ed efficace

e che poi si è trovato o nullo o falso o destituito: e può anche accadere

(1) Sentenza 1 agosto 1881, in La Legge, vol. II p. 443.

(2) Giurisprudenza Italiana, 1905, I, 1, 869.

(3) Rep. Giur. Ital., voce Successione, n. 35.

(4) Cass. Palermo 27 novembre 1906, in Circolo Giuridico, 1906, p. 392.

(5) Vedasi pure per altre fattispecie in cui fu ritenuta la qualità di erede apparente: App. Roma 17 ottobre 1899; Cassaz. Napoli, 16 settembre 1899, in Repertorio Giur. Ital., voce: Successione, n. 3-5; Cass. Roma, 14 maggio 1895, in Giur. Ital., 1, 1, 467. La sentenza 4 giugno 1906 della Corte d'appello di Palermo in Circolo Giuridico, 1906, p. 247, enumera varî casi in cui è possibile la figura di erede apparente conformemente alla prevalente dottrina.

(6) FORTI, Trattati inediti di giurisprudenza, parte 3.a: Della esecuzione, della mutazione e dello scioglimento delle ultime volontà, sez. II: Della petizione della eredità, § 17.

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