Di tua moneta, e faràgli le spese; Se nessun vïandante troverrai Menalo, ch'io gli parli di palese ; E io pregherrò il Signor tutta via Che ti conceda buona compagnia.
Tobbiuzo si parte, e va in piaza e truova l' Angiolo Raffaello vestito come uno viandante, e giunto a lui, TobbIuzo lo saluta e dice:
Iddio ti salvi, o gentil giovinetto, Per cortesia ascolta il mio parlare. Poi ch' io ti veggio al viaggio in assetto Dimmi il paese dove tu vuoi andare.
Io tel dirò, poi che tu n' hai diletto: Molto lungo cammin mi convien fare, E aviato son, come tu vedi, Sol per andar nella città de' Medi. TOBBIUZO dice: Fratel, se tu sapessi far la via
Che va a Ragès, con teco ne verrei; Se tu volessi la mia compagnia,
Di giusto prezo ben ti pagherei.
La Media, Arabia, Persia, e la Soría, E'l regno delli Egizii e de' Caldei Ho cerco tutto quanto, l' Oceano Infino al Paradiso diliziano.
Non è città, provincia o nessun regno In tutta l'Asia, l' Africa e la Europa Che io non sappi per filo e per segno, Perchè tutte l'ho viste in molta copia. Se a Ragès andare è il tuo disegno Ch' a piè del monte Arabia posta è propia, I' ti merrò, fratel, sicuramente E conosco Gabello il tuo parente.
E ogni cosa sappi riferire; Consiglioti, fratel, all' ubbidienza. E non partire senza sua licenza.
TOBBIUZO si parte e torna al padre e dicegli:
O padre mio, io ho di fuor trovato Un giovane gentil cortese e saggio, E pare a punto in Paradiso nato, Pietoso molto, e sa ogni viaggio : E par per tutto il mondo lui sia stato, Di tutte le nazion sa lor linguaggio, Cercato ha tutto il ponente e 'l levante, E paion tutte sue parole sante.
Risponde TOBBIA a Tobbiuzo:
Or puo', figliuol, veder che 'l magno Dio
Non abbandona chi si fida in lui; E abbi vera fede, o figliuol mio, Per sua pietà e'ti mandò costui. E folle e cieco è chi pone il desio Nel mondo traditor che inganna altrui. Or va, figliuolo, e pregal che lui degni Di volermi parlare, e in fin qui vegni.
TOBBIUZO va e trova l' Angiolo, e dice :
Fratel, come io ti dissi, il padre mio Per una guida e' mi mandò a cercare; Ora e' m' ha detto che gli ha gran desio, Se tu volessi, e'ti vorre' parlare; Pregar ti vo' pel nostro eterno Dio Che in casa mia lo venga a visitare.
Di mia natura io non fu' mai villano; E son molto contento; or oltre, andiano.
Giunti a casa, l'ANGIOLO dice a Tobbia :
Il creator del cielo ti dia allegreza E ti conservi, padre, in buono stato. Risp. TOBBIA: Tu gaudio possi aver con gran dolceza. Vedi in quanta miseria m'ha' trovato Chè son condotto nella mia vecchieza Che di vedere il cielo io son privato: Hallo permesso Idio, ch'è giusto e buono
Perchè gran peccator nel mondo sono. L'ANGIOLO risp.: Prendi conforto, padre, nel Signore,
Chè in brieve tempo tu sara' curato.
Risp. TOBBIA: Deh dimmi un poco, darebbeti il cuore
D'aver Tobbia a Ragès menato Là dove egli è un nostro debitore
Nostro parente, et è Gabel chiamato ?
Alla tornata arai tal pagamento
Che tu sarai, figliuol, molto contento.
L'ANGIOLO risp.: Non dubitar del tuo figliuol, Tobbia,
Senza nessun periglio io il conduroe
Perchè so bene di Ragès la via,
E sano e salvo a te lo rimerroe.
TOBBIA dice a l' Angiolo :
Fammi una grazia per tua cortesia :
Un'altra volta ti domanderoe,
Figliuol, che se' cosi ben costumato :
Di che nazione o tribù tu se' nato?
L'ANGIOLO risp.: Deh, cerchi al mercenaio sua nazione?1
Che giova questo a te, padre, sapere? Ma per finir la tua disposizione, Chè di saper ch' i' sono ha' gran piacere, Perchè rimanga in più consolazione Celato il nome mio non vo' tenere: I' son chiamato per nome Azaria E figliuol son di quel grande Anania. Risp. TOBBIA: Per certo sei figliuol di gran lignaggio E ben lo dice tua degna presenza, E'l tuo parlar qual è gentile e saggio Et è ornato di vera loquenza. Or su, figliuoi, mettetevi in viaggio Nel nome del Signor pien di clemenza, Porta con teco la carta, Tobbia:
L' Angiol di Dio sia in vostra compagnia.
ANNA madre di Tobbia sentendo la partenza del suo figliuolo
Misera a me, dolente e sventurata
Quanto fia dolorosa la mia vita! Io sono in tutto d' ogni ben privata Poi che 'l mio dolce figlio ha a far partita:
E non è donna in questo mondo nata Che senta quanto è mia doglia infinita ! Omè, dolce figliuol, dove ne vai? Ho gran paura non vederti mai.
Quanto era me' per noi che que' talenti Mai da nessun gli avessimo a riavere, E era me' come povere genti Vivere, e 'l mio figliuol poter vedere. Io ho paura tu non te ne penti, E la fortuna ti farà il dovere. Maladetti danar! di quanto duolo Siate cagion: di tormi il mio figliuolo.
L'Angelo e Tobbiuzo caminando vegono un gran fiume, e Tobbiuzo dice a l' Angiolo:
Che fiume è quel ch' io vego si copioso
D'acqua, che bagna tutto questo piano?
Questo è quel Tigri ch'è tanto famoso Che vien dal Paradiso diliziano.
Fratel i' vo' che qui ci diản riposo E in questo fiume e' nostri piè laviamo : Chi come noi lungo cammino ha a fare È bisogno alle volte riposare.
Tobbiuzo si scalza e entra nell' acqua, e subito apparisce un pesce grande, e avendone TobBIUzo paura, dice all' Angiolo:
Omė, fratel, ch' apparir vego un pesce
E par che contra me voglia venire, E colla bocca aperta dell' acqua esce E vista fa di volermi inghiottire.
Non temer che lo få chè 'l fiume cresce E lui vorrebbe la piena fuggire. Va' a lui, e per gli orechi il prenderai E in su la riva in secco lo porrai.
Tobbiuzo piglia il pesce, e posto in su la riva in secco, l'AN
Sparalo presto, e fuor gli caverai
El fegato che gli ha e 'l fiele e 'l cuore ; E dentro alla tua tasca il riporrai, Chè fia buono a guarire ogni dolore.
Queste cose con teco porterai; Fa' quel ch' io dico e non aver timore: E parte di quel pesce cuocer puoi,
L'altro che avanza porteren con noi.
TOBBIUZO sparato che gli ha il pesce domanda l'Angiolo a
che sono buone quelle cose:
Or dimmi un poco, , fratello Azaria,
Non disnegar mio semplice sermone :
La mente sempre di saper desia
Queste cose del pesce a che son buone.
S'io tel negassi farei villania :
Parte del cuor, levato dal polmone, Chi lo porrà in su gli accesi carboni, Del demon caccia via le tentazioni.
Tobbia, attendi bene ora al mio detto : Vedi quella città, pon là ben mente; Quivi è uno che ci darà ricetto, Raguel chiamato, et è della tua gente; È un gran ricco, e uon giusto e perfetto Della tua tribu, tuo stretto parente, E ha una sua figlia ancor pulzella Molto savia, gentile, onesta e bella.
Come alla sua casa giunti siano I' vo' che tu la chiega per isposa. Egli è gentile ed è prudente e umano, Se tu la togli sarà tuo ogni cosa. E non sarai, fratel, venuto in vano Per questa via si lunga, e faticosa; E come questa donna tolta arai Ricco a casa tuo padre tornerai. TOBBIUZO risp.: O Azaria, io ho sentito dire
Costei ha avuto ben sette mariti, Come con lei sono andati a dormire Di mala morte son tutti periti. Io non vorrei che gli avessi a seguire Come a coloro, a me si stran partiti; Se in questo modo io fussi capitato El padre mio si sare' disperato.
Mio padre non ha altro ch' un figliuolo El qual son io, e con molta amareza Egli è rimaso con mia madre solo
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