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ISMAEL va incontro a Isac e dice:

El ben trovato Isac nostro sia;
Donde si vien si devoto e contrito?

Isac risp.: Dall' orazion che far si debbe in pria
Ad ogni impresa, e cosi voi invito
Se volete acquistar quel che vi piace
Con util, grazia, onor, salute e pace.

ISMAEL risp.:

Tu se' di que' che si dan sempre a intendere

Che s' abbi sempre a stare in orazioni;
E chi non sta, voi volete riprendere,
E noi siam come voi certo o più buoni;
Voi non sapete un quatrin solo spendere
Nè cavarvi una voglia, miseroni;
Vuolsi sguazare, or che giovani semo
Chè, volendo, poi vecchi non potremo.

Isac risponde ad Ismael :

ISMAEL risp.:

ISAC risp.:

Io son certo di que' che crede e intende
Che far ben piaccia a Dio e' sua eletti,
E che ubidir si vuol chi il mal riprende
E non guardar se gli è pien di difetti,
E chi per le sue voglie tanto ispende
Manca danari e rinuova i concetti;
Cosi perdete il tempo e gioventute
Ricchezza, stato, onor, pace e salute.

E tu non di' il piacer che s'è avuto oggi;
Ma ben è il ver che alquanto strachi siano
Per cantar e gridar su per que' poggi:
Vella qua, vella là, giù per quel piano.
Io vo' che 'l tuo pensier al nostro apoggi
E queste lepre che prese rechiano
Venga a goder di nascoso tra noi,
Acciò che Abram nol sappi e gridi poi.

Vedi che pure e' ti par far errore,
Poi che dal tuo buon padre ti vo' ascondere.

ISMAEL risp.: Anzi, è perchè mi dà sempre romore

D' ogni mio spasso, e non si può rispondere.

Risp. ISAC: Egli è si grande il filiale amore

Ch' ogni virtù in voi vorrebbe infondere,
Ma il ben si fa di di, aperto e visto,

El mal di notte, in luogo ascoso e tristo.

Risponde il TERZO COMPAGNO:

Deh! non istiam più tanto a disputare;

Costui la guarda troppo nel sottile,
E sapratti si ben ciaramellare
Che tu gli crederai, si come uom vile.

Risp. ISAC: E voi sol con lusinghe et adulare

Svolgete presto uno animo gentile
Dalle virtù, e mostratevi amici
In gioventù e ne' tempi felici.

Risponde il TERZO COMPAGNO:

Or non si debbe aver sempre un amico

Che ti soccorra d' aiuto e danari?

ISAC risponde e dice:

Cotesto si, ma nota quel ch' io dico :
Che molto esser vuol buono, e' buon son rari,

E perciò averne io non m' affatico;
Manco han bisogno danar nostri pari,
Sendo di vitto e vestir ben provisti,

Se non per giuoco, o per non buoni acquisti.

Segue ISAC voltandosi al popolo:

Oggi chi vuole aver grande amicizia

Mostri d' aver danari e gran guadagno
E ben vestito e di bugie dovizia,
Bestemmie, bravo spenditore e magno;
E chi vuol presto poi far nimicizia
Facci il contrario, e qualche buon compagno
Ripigli; e que' che prima erano amici,

Dicendo mal di lui, son poi nimici.

Risponde il PRIMO COMPAGNO:

Oh! si starebbe un anno in questa pratica;

Se vuol venir, non più baie o parole;

E se non vuol venire, e tu lo spratica,
E' non si vuol far bene a chi non vuole.

Risp. ISAC: Inteso avete, io non parlo in gramatica; 1
Chi non fa al tempo, indarno poi si duole.

ISMAEL risponde a Isac:

Tu andrai a tuo' salmi et orazione,

Noi a provar se le lepre son buone.

Partesi Isac; et Ismael cosi un poco discostatosi co' comра

gni, el PRIMO COMPAGNO dice ad Ismael:

Ismael, se costui gli occhi chiudessi,

Oh come poi, di' il ver, si sguazerebbe?

1 Non parlo latino; dico in volgare, perchè ciascuno mi intenda.

Segue ABRAAM: Dove per tua beltà fu' per morire;
Ma per non tentar Dio e per men male,
Sorella mia, cioè parente, dire
Ti fe', si come è il vero e naturale;
Perchè il tuo padre Aram, senza mentire,
Come tu sai, è mio fratel carnale.
Fustimi tolta, e sopra a ogni cosa
Ti volle Faraon tor per isposa.

SARRA risp.:

Allor d' aver figliuo' per tal cagione
Avamo quasi ogni speme perduta,
E Dio percosse e' servi e Faraone,
E fusti immaculata a me renduta
Con grande onor e don di condizione,
E per mia sposa fusti conosciuta;
Ricchi tornammo qui d' argento e d'oro,
Servi, vari animali e gran tesoro.

Ma tutto passa questa grazia santa
Che prometter da Dio più volte udisti:
Che essendo vecchi, e tu sterile tanta
Miracolosamente concepisti
Di me cento anni e tu ben di novanta,
Isac, il quale al tempo parturisti;
Il che pensando certo non posso io
Tenere il pianto e ringraziare Dio.

Et io piangendo udito ho parlar te
Come chi per letizia piange e ascolta,
Sendo il ver tutto e provatolo in me
Et in particular più d' una volta
Con Faraone e Abimelech Re
Di Gerais, da' quali io ti fu' tolta;
Dove da l' angel mio fu' si guardata,
Che a te ritornai monda e immaculata.

Essendo poi visitata da Dio,
Miracolosamente ebbi concetto.
Cosi portando il tuo e figliuol mio
Sentivo tanto gaudio nel mio petto,
Che 'l peso era leggier, suave e pio;
Nel parto poi, tal letizia e diletto
Che superava il duol che suol sentire
Ciascuna donna nel suo partorire.

E, cosi vecchia, ogni pena a lattarlo
Non mi parea fatica a sopportare.

Poi quando il volli dal latte levarlo,
Per gran letizia tu volesti fare
Un bel convito, e a mensa onorarlo
Chi si venne con teco a rallegrare.
Ma dimmi, sposo mio, se gli è onesto,
Qual fin t' ha mosso a dirmi or cosi questo?

Risp. ABRAAM: La ragion vuol che a quel che più si doni
Tanto al dator fien più quelli obligati; '
Però avendo da Dio si magni doni,
Vorrei che alfin noi non fussimo ingrati,
Chè Dio dà e' figliuoli acciochè buoni
Principalmente que' sieno allevati;
E' padri che v' han poca diligenzia
È un dare a' figliuoi del mal licenzia.

E dalla parte mia non ha a restare;
Ma tu ancor, si come dolce madre
Che han più spesso e' figlioi seco a parlare
E con più sicurtà che col lor padre,
Custodiscilo in modo nel ben fare

Che tu il conduca in ciel fra l' alte squadre,
Che Dio sotto figura della terra

Di Canam m'ha promesso, e mai non erra.

SARRA risp.: Certo, veder più presto il cuor disia
Corporalmente il mio figliuol morire
Che viver ricco, sano, e per la via
D' infideltà e' peccati seguire;
E non resterò mai in vita mia
Di fargli il bene e le virtù fruire.
ABRAAMrisp.: E cosi credo, anzi certo ne sono.

E odi quanto Dio vuole et è buono.

El verbo eterno, el qual debe pigliare
Del nostro seme umana carne in terra,
Per esser redentore a liberare

L' anime nostre dalla infernal guerra,
Prima comincierà a operare,

E poi insegnare a qualunque uom che erra,
Chè chi col dire insegna e non fa l' opre
Poco giova a chi ode, e'l falso scuopre.
Però credendo a tal redenzione,

1 Intendi: la ragione vuole che quegli a cui più è donato, tanto più sia obbligato al datore.

E che lui in carne Cristo fia chiamato,
Perchè gli ará la plenaria unzione
Dello spirito santo in lui informato,
E volendo imitar sua perfezione,
Come discepol bene amaestrato,
E esser, benchè il nome non ha ancora,
Ma nell' opre cristian, che fien allora,

Dobbiam di santa vita dargli esemplo,
Che spesso al ben fa l'alma più veloce,
Nè possa dir: Padre, imparo e contemplo
Da voi el mal, chè questo è quel che nuoce.
Chiamalo, andiam, si come al sacro templo,
A ringraziar col core e con la voce
Iddio all' altar nostro edificato,

Ch'e' vuol, siccome è giusto, esser laudato.

Abraam va verso l'altare, e SARRA rimane e chiama Isac e dice:

Vien qua, Isac, o dolce figliuol mio.

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Isac risp.:

Or cosi reverente

Sie sempre a tutti, umil, devoto e pio
Chè molto piace a Dio l'ubidïente,
E vo' che sappi che l'eterno Dio
Ti dette a noi miracolosamente.
Io vo' che per tuo bene e tua salute
Tu fuga e' vizii, e segua le virtute.

Maggior diletto mai ho conosciuto
Che è quanto amar Dio e nel far bene;
Ma perchè i' son fanciul bisogna aiuto
Da Dio impetrar, dal quale ogni ben viene.

SARRA dice: A punto il mio voler t' è or venuto,
Chè 'l padre tuo, che tanto car ti tiene,
Mi t' ha fatto chiamar che all' orazione
Insieme andiamo.

ISAC risp.:

Or su, con divozione.

Vanno all' orazione dove è Abraam, e inginochiati tutti,

ABRAAM dice solo:

A render grazie a te, buon Signor, vengo

Del mio figliuolo e si mirabil dono;

Sol per tua grazia e sol da te lo tengo

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