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E di lui fammi sacrificio solo :

E mosterrotti il monte, perchè brami
Saper il loco; e non menare stuolo;
Va', ch' io tel mosterrò senza mi chiami:
Cammina per la selva aspra e deserta,
E fammi sol del tuo figliuolo offerta.

Considerate un poco il parlar solo
Di tal comandamento con suo'rami:
Non bisognava dir, dopo il figliuolo
Unigenito Isac, il qual tu ami,
Se non per darli maggior pena e duolo,
Aprendo del suo cor tutti i serrami,
Poichè Ismael era ito in esilio
Con la sua madre, per divin consilio.

Non dice Dio che l'uccida in quell' ora,
Ma fallo andar per tre giorni in viaggio,
Perchè il dolore abbia lunga dimora.
Col figlio andando per loco selvaggio
Tutto il suo cor di doglia si divora,
Ponendo addosso sopra il figliuol saggio
Le legne; ed egli insieme per quel loco
Portava in mano il gran coltello e 'l fuoco.

Isaac disse allora: o padre mio,
Dov'è la bestia che debb' esser morta?
Abram rispose: el nostro grande Iddio
Provederà ch' ella ci sarà porta;
Fa' pur d' avere in lui tutto il disio,
E questo peso volentier sopporta :
Qualunque serve a lui con puro core
Sostiene ogni fatica per suo amore.

Questo parlar d' Isac era un coltello,
Che 'l cor del santo Abram feriva forte,
Pensando ch' al figliuol suo dolce e bello
Con le sue proprie man dovea dar morte.
Da molte cose era tentato quello
Non ubidire a cosi dura sorte:
Ma del servire a Dio avendo sete
Volse ubidir, siccome voi udirete.

Dette queste stanze, l'Angiolo si parte, e viene un altro ANGIOLO e chiama Abram e dice cosi;

Abram, Abram, odi il divin precetto:

Con tutto il cor sincero Isac prendi
Unigenito tuo figliuol diletto
Il qual tu ami, e sopra il monte ascendi
Che tu vedrai dinanzi al tuo cospetto:
E di lui fammi sacrificio, e intendi
Ben quel ch' io dico, e va' per via selvaggia,
E fa' che 'l mio parlar invan non caggia.

Abram come sente l' Angiolo, di subito si leva del letto stupefatto ed inginocchiasi; e come l' Angiolo ha detta la stanza si parte, e ABRAM stando ginocchione dice:

Come tu vedi, o santo Dio eterno,
I' son disposto a far quel che tu vuoi,
Quantunque alla mia mente paia scherno
Per quel che tu promesso avevi a noi
Dicendo: io farò patto sempiterno
Col tuo figliuolo, e si gli darò poi
Gran terre e gente sanza alcun inganno,
E molti re d' Isaac nasceranno.

Non debbe il servo dal suo buon signore
Cercar ragion di suo comandamento.
Essendo Dio, tu meriti ogni onore,
Onde ubidirti vo' con mio tormento.
Tu se' l' Onnipotente Creatore,
E puoi far vero ogni tuo parlamento;
E cosi debbo credere e sperare,
Ch' essendo morto il puoi risucitare.

Detto questo ABRAM si riza, e va e chiama Isaac, e dice così;
Sta' su, Isaac mio, più non dormire,

Odi il voler del nostro eterno Dio:
Imposto m' ha ch'i' vada ad offerire
El sacrificio santo, giusto e pio:
Però disponti di voler venire
Ad aiutarmi far l'obbligo mio,
Abbi la volontà presta e non lenta,
E guarda ben che Sarra non ti senta.

Isaac si leva, e inginocchiasi alli piedi di Abram, e detta la stanza si riza; e dipoi ABRAM va e chiama dua famigli e dice cosi:

State su, servi miei fedeli e saggi,
Andate presto, e l'asino sellate;
Prendete tanto pan che ciascun n' aggi
Per giorni sei, quant' è necessitate;

Camminar voglio per luoghi selvaggi
Si che dell' acqua ancor vo' che portiate;
E sopra a tutto fate in cotal forma,
Che non destiate in casa alcun che dorma.

Fate d'aver di legne un gran fastello
Per poter fare il sacrificio santo;
Prendete ancor del fuoco, ed un coltello,
E appresso a noi andrete innanzi alquanto :
Fate con fatti appien quanto favello

Si che di voi mi possa poi dar vanto,
E non essendo ben la bestia doma
Curate si che non caggi la soma.

E' servi fanno quanto Abram dice, e mettono in punto l'asino e 'l coltello e le legne; e ABRAM quando vede ogni cosa in punto si volge a tutti, e dice :

Camminiam dunque col divino aiuto,

Perocchè in punto son tutte le cose,
E nessun per la via sia dissoluto
In suo' pensieri, o in parole ozïose :
Ciascun ripensi s'egli è mai caduto
Contra ragione in cose vizïose,
E d' ogni colpa a Dio chieghiam perdono,
Rendendo grazia a lui d' ogni suo dono.

Detta questa stanza si partono e' servi alquanto innanzi, e giunti a piè del monte fanno colezione; dipoi ABRAM si volge a' servi, e dice così:

O cari servi miei, udite alquanto
Il mio parlar con l'intelletto vostro :
Essendo giunti a piè del monte santo
Nel qual faremo il sacrificio nostro,
Aspettateci qui coll' asin, tanto
Che noi andiam nel monte ch' i' vi mostro,
E quando aren sacrificato, noi

Tornerem presto in questo luogo a voi.

Dipoi piglia le legne e dice a Isaac :

O dolce Isac, mio caro figliuolo,
Porta sopra di te questo fastello,
E su nel monte meco vien, tu solo,
Ed io porterò il fuoco e 'l gran coltello;
E per amor di Dio sostien tal duolo,
Che grazia ci è di poter servir quello;

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Abbi sempre al ben far la voglia verde,
Perocchè nessun ben giammai si perde.

Di poi Isaac cammina su pel monte colle legne in collo e Abram gli va dietro col coltello in mano; e giunti in su la sommità, ISAAC si volge a Abram, e dice cosi :

Prome

O reverendo padre, ecco le legne,
→ Ecco il fuoco e 'l coltel nella man vostra
Da poter far l' offerte sante e degne,
Ma l'animal, ti priego, ora mi mostra.
Di mandrie o pecorai non veggio insegne,
Di che dunque faren l' offerta nostra?
Noi siam qui in luogo silvestro e diserto;
Priego mi faccia di tal dubbio certo.

ABRAM gli risponde, e in questa risposta profetò, non cono-
scendo la profezia:

El nostro grande Iddio, figliuol mio buono,
Provederà dell' animal che dici:
Abbi il tuo cor a lui, com' io ragiono,
Si che sien grati i nostri sacrifici :
Chi vuol da Dio ricever gran perdono,
Ed acquistar suoi magni benefici
Con fede in verso lui la mente spanda,
E faccia volentieri quel ch' e' comanda.

Dipoi cominciono a edificare uno altare in sul monte; e in quo sto mezo SARRA chiama tutti quegli di casa sua domandando di Abram e di Isaac piangendo, e dice così:

O tutti quanti voi di casa mia,
Per Dio, udite quel che vi favello :
Ecci verun che sappi dove sia
El nostro Abram e 'l mio Isaac bello?
Già son tre giorni che gli andaron via :
Nel cor mi sento battere un martello;
E'l lor partirsi senza farmi motto

M' ha di dolor la mente e 'l corpo rotto.

UNO DE' SERVI risponde a Sarra, e dice così:

Madre benigna, reverenda e santa,
Di quel che parli non sappian nïente:
Veggendoti sommersa in doglia tanta,

Di loro abbiam domandato ogni gente;

Di sapergli trovar nissun si vanta,
Ma ben crediam che fien qui prestamente :
Sempre si vuol, dove non è rimedio,
Sperare in Dio, fuggendo angoscia e tedio.

Dipoi SARRA si volge in altra parte e dice:

O patriarca Abram, signor mie caro,
O dolce Isaac mio, più non vi veggio:
El riso m'è tornato in pianto amaro,
E, come donna, vò cercando il peggio;
Signor del cielo, s' io non ho riparo
Di ritrovargli più, viver non chieggio.
Men doglia mi era di sterile starmi,
Che del marito e figliuol mio privarmi.

UN SERVO risponde a Sarra cosi:

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Come mi posso contener del pianto
Privata del marito e 'l figliuol santo?

Dipoi ABRAM si volge a Isaac e piangendo dice queste quattro
stanze che seguitano:

O dolce e caro figliuolo mio,
Odi 'l parlar del tuo piangente padre :
Con tanti voti, prieghi, e gran disio,
Essendo vecchia e sterile tua madre,
Io ti acquistai dal magno eterno Iddio,
Nel nostro ospizio albergando le squadre
De' poveri, pascendogli del nostro,
Servendo sempre a Dio, come io t'ho mostro.
Quando nascesti, dir non si potrebbe

La gran letizia che noi ricevemmo ;
Tanta allegrezza nel cor nostro crebbe
Che molte offerte a Dio per te facemmo:
Per allevarti, mai non ci rincrebbe
Fatica o spesa grande che ci avemmo,

VOL. I.

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