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1

Per certo oggi m' è mancato ogni cosa.
Oimè, chi m' ha dal mio figliuol diviso
Qual era ogni mio ben e mia allegreza?
Ove son gli occhi puri e 'l santo viso,
La bocca ch' era piena di dolceza?
Nato pareva proprio in paradiso :
Quando eri meco per la tua savieza,
Quando come figliuol tu mi parlavi,
Certo ogni pena e dolor mi levavi.

Almen, dolce figliuol, fussi tu morto
Nelle braccia a tuo padre doloroso,
Chè dato pur t' arei qualche conforto
Come a figliuol de' far padre pietoso.
La fortuna m' ha fatto maggior torto
Che non fe' Adam, vedendo sanguinoso
E morto Abel, che fu grande sciagura,
Ma lui gli potè almen dar sepoltura.

Misero a me! non poter sepellire
Del mio figliol le sue membra leggiadre!
Figliuolo, el pianto tuo mi par sentire
E nel tuo pianto chiamar me tuo padre,
Parmi vedere il tuo capo ferire
Da' denti acuti delle fiere ladre:
Ogni cosa m' è al cuor mille coltella;
Divorar veggio tua persona bella.

Dipoi BENIAMIN si duole del fratello che è morto, cioè di

Joseph, e dice:

Oïmè, fratel mio, chi mi t' ha tolto
Chi m' ha privato d' ogni mia letizia?
Oïmè, chi ha guasto il tuo bel volto
Con tanta crudeltà e ingiustizia?
Oimè, per qual cagion m'è suto sciolto
Il dolce nodo di nostra amicizia?
Oimè, dolente a me che sempremai
Consumerò mie vita in pianti e guai.

Segue poi voltandosi a Jacob, e confortandolo, dice cosi:
O padre mio, ben che gran pena e duolo

Tu senta per la morte dolorosa
Del mio dolce fratello e tuo figliuolo,

1 Così le stampe, salvo quella di Siena 1616: Perch' oggi inver m'è mancato ogni cosa.

JACOB dice:

Non pianger più e per mio amor ti posa,
E pensa a chi non n'ha se non un solo,
E quel gli toglie fortuna invidiosa:
Mal sopra male, padre, arrogeresti
Per consumarti, lui poi non riaresti.

Non vo però restar di ringraziare
Del nostro grande Idio la sua potenza,
E certo so che lui non può errare,
Però che gli è infinita sapienza:
E priegol che mi debba perdonare
E faccimi aver vera pazïenza.
E tu, Joseph figliuol mio diletto,

Da Dio e da me sia sempre benedetto.

subthe?

Torna la istoria alla MOGLIE DEL DUCA, com' ella richiese Joseph di cose inoneste, e dice cosi:

O gentil giovinetto, ascolta un poco:

Tu tien nelle tue man la vita mia;
I' sento intorno al cuore un dolce fuoco
Che mi consumma e strugge tuttavia.
La notte e 'l giorno mai non trovo loco,
Pregoti adunque che crudel non sia:
Io t'imprometto farti ancor signore,
Però ti priego che mi dia il tuo amore.

JOSEPH risponde e dice:

Madonna, le parole che voi fate,
Pigliar mi fanno troppa ammirazione,
E parmi veramente che voi erriate
E meritiate gran riprensione:
Esser solevi vaso d' onestate,
Or passate ogni regola e ragione;
Prima che a ciò volessi acconsentire
Mi lascierei mille volte morire.

La DONNA dice cosi :

E'son si forti e' legami d' amore,
Che non è gniun che difender si possa;
La fiamma che m' ha acceso lo splendore
Ardemi drento, e divorami l'ossa:
El male occulto è di maggior valore
Che quel dove si vede la percossa;
Quant' io per me, non mi difenderei
D'amor, ch'ha vinto gli uomini e gli Dei.

Risponde JOSEPH e dice:

Fate, per dio, che più non sie sentito

Questo sozo parlar, vada in oblio,
Pensate al vostro degno e car marito
E quant' offesa voi faresti a Dio.
Questo bestiale e sfrenato apetito
Nell' animo vi mette il dimon rio;
Chi non vince se stesso è molto fievole
E non è creatura ragionevole.

Risponde la DONNA a Joseph :

Sa' tu, Joseph, quel ch' io ti vo' dire?

Se tu sarai sì crudo e dispietato,
Che tu acconsenta vedermi morire,
Oimè che tu farai troppo peccato;
Chè dura morte ti farò patire,
Cagnaccio crudo, di qualch' orso nato,
O tu farai per certo il voler mio.

Risponde JOSEPH fuggendosi: ella gli pone le mani addosso, volendolo pigliare; e il mantello gli rimase in mano: Fa' che ti par, chè m' aiuterà Idio.

JOSEPH alzando gli occhi al cielo, dice:

O grande Idio ch'ogni cosa ha' creato,

El freddo cor de' tuo' fedeli accendi,
Signor mio, non guardare al mio peccato
Certo conosco ch' ogni cosa intendi:
Io so che da costei sarò accusato,
Tu solo, Dio, sie quel che mi difendi;
Se pur la tua bontà questo acconsente,
Pregoti almen mi facci pazïente.

Dipoi ella esce di zambra gridando e faccendo romore, e dice:
Oïmè! chi l'arebbe mai creduto,

Che questo ribaldel fussi si ardito!

La FANTE sente questo romore, corre a Madonna, e dice:

Che v'è, cara Madonna, intervenuto,

Che 'l volto vostro è tanto impalidito?

MADONNA risponde e dice:

Quello ebreo falso è in zambra mia venuto

Con grande ardire, et ebbemi assalito;

Se non che forte cominciai a cridare,

M' avea presa e voleami sforzare.

Se tu sai Putifar, corri a lui presta,
E di'che vogli innanzi a me venire.
Io mi divoro per la gran tempesta,
Io voglio a lui tutte le cose dire;
E non lo può negare: ecco la vesta
La qual lasciò quando volle partire.
Io lo farò squartare in mille pezi
Acciò che niun suo par più non s'avezi.

La FANTE cerca del Duca suo marito e trovandolo dice così :
Oimè, tosto venitene, messere;

Io ho cerco di voi tutta la corte;

Venite presto Madonna a vedere,

Ch'è in zambra addolorata, e piange forte.

El DUCA dice così:

Se nessun gli arà fatto dispiacere,

E' proverà con le mie man la morte.

La FANTE dice:

Quel ch'ella s'abbi io non ve lo direi;
Venite presto che vel dirà lei.

Giunto il DUCA in casa, dice alla donna sua:

Che vuol dir questo, cara donna mia?

Chi t'ha offesa? fa' mel dica tosto.

La DONNA risponde e dice:

Io tel dirò con gran maninconia:
Io avea 'l capo in sul lettuccio posto;
Quello ebreo falso, pien di fellonia
Entrò qui solo, e era mal disposto,
E cominciò sue favole a contarmi
E, conchiudendo, lui volle sforzarmi.

Io cominciai a gridar, lui s'è fuggito,
E nel fuggirsi gli cadde il mantello.
Deh fa', marito mio, che sia punito,
Perchè non se ne vanti il ladroncello.

El DUCA dice cosi :

Per tutto Egitto fie questo sentito,
Perch'io farò di lui si gran flagello,
Se quel che tu m'hai detto sia 'l vero;
Lasciati governare a Putifero.

Dipoi chiama un servo, e dice:

Vien qua, Arrighetto, va' pel cavaliere,

Di' che alla mia presenza sia venuto.

VOL. I.

7

Il servo va al cavaliere, e dice:

Chiama e' tuo' birri, e vien presto, o messere,

Nè tempo punto non aver perduto.

Il CAVALIERE giunto innanzi al Duca dice così:

Eccomi, signor mio, che v'è in piacere?

El DUCA risp.: Va' piglia quello schiavo rivenduto,

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Giunto in prigione JOSEPH vi vede dua che favellano, e dice cosi :

Ch'avete voi compagni, ch'i' vi truovo

Star cosi cheti, e con visi pensosi?
Piacciavi dirmi quel che c'è di nuovo

Che voi parete si maninconosi.

Risponde un di loro, cioè uno SCUDIERE del re, e dice cosi:
Ognun di noi ha dentro al core un chiovo
Che viver sempre ci fa dolorosi;
E tieni a mente quel ch' oggi t' ho detto
Che mai non esce dov' entra il sospetto.

Po' che tu vuoi, fratel nostro, sapere
E' pensier nostri e 'l nostro ragionare
Noi tel direm, però che gli è dovere:
Due sogni che stanotte avemmo a fare.
A ciaschedun di noi parea vedere
Cosa che non sappiamo interpretare,
Io dirò 'l mio, e po' costui il suo
E sopra ciò dirai poi 'l parer tuo.

Stanotte in sul mattin sendo a dormire
Nata una vite innanzi a me vedea
Che avea tre tralci, e vidila fiorire
E dipoi l' uva maturata avea,
Io ne coglievo con molto desire
E dipoi in una coppa ne premea,
Innanzi a Faraon m' inginocchiavo
E colla coppa, ber quel vin gli davo.

Risponde JOSEPH al sogno dello Scudiero di Faraone e dice

così:

La vite si vuol dir: tu camperai

La vita, e di prigion sarai uscito:

E per tre tralci, che tre di starai

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