fra gli eredi necessarii, e gli altri: i primi acquistavano l'eredità, inviti, di pien diritto, gli altri coll'addizione od agnizione espressa, o mediante la tacita, facendo atti d'erede (pro herede gestio). L'erede che sopravvive al defunto un solo istante, trasmette l'eredità ai suoi eredi, che possono accettarla o rinunziarvi: per contro la regola, non però assoluta, del diritto romano era che hereditas non adita non transmittitur (Leg. 4 Cod. qui adm. ad bon.). Sino a che l'erede non rinunzi all'eredità deve considerarsi come una sua proprietà. Il diritto romano diceva al contrario: nondum adita hereditas persone vicem sustinet non heredis futuri, sed defuncti (§ 2 Inst. de hered. inst.). — V. POTHIER, Del possesso, no 58, e MERLIN, vo Eredità, no 3. L'erede succede ipso jure, ed a sua stessa insaputa, non solamente nella proprietà, ma ancora nel possesso stesso che aveva il defunto; e può in conseguenza esercitare le azioni possessorie dal medesimo, prima d'avere preso di fatto il possesso degli oggetti ereditarii. Il possesso ereditario (saisine) era, in quanto si applica al possesso (secondo SAVIGNY, Del possesso) intieramente sconosciuto al diritto romano; gli eredi suoi, o necessarii, ancorchè addivenuti ipso jure proprietarii dell'eredità, non succedevano però di pien diritto al possesso del defunto (V. sopra, e POTHIER, loc. cit.). Conseguenza dei premessi articoli è pure, continua ZACHARIÆ, loc. cit., che l'erede può venire immediatamente azionato dai creditori ereditarii, salvo ad opporre loro sia l'eccezione dilatoria risultante dal termine accordato dalla legge per fare l'inventario e deliberare, sia l'eccezione perentoria desunta dalla rinunzia. V. anche SIREY, sull'art. 724 del Codice civile francese. 3. L'erede può intentare l'azione possessoria eziandio prima che spiri il termine per fare l'inventario e per deliberare, in forza della saisine: ma ancorchè tale azione possa assimilarsi ad un atto conservatorio, farà cosa prudenziale d'agire come abile a portarsi erede, per conservare più sicuramente la facoltà di rinunciare o d'accettare con beneficio d'inventario. La proprietà, soggiunge CAROU, no 758, non può rimanere senza padrone (GARNIER, Delle azioni possessorie, p. III, cap. 1, § 2, ove si fa cenno pure dell'erede apparente, cui si applicano gli stessi principii). —V. pure SIREY, loc. cit. 4. Di regola anche l'erede il cui titolo è contestato da altri chiamati all'eredità non può di fatto prendere il possesso dei beni (massimamente mobili) della successione, che col peso di dare cauzione (SIREY, ivi). 5. In diritto romano sostenevasi che nemmeno l'erede suo, come il figlio non emancipato, se non aveva preso già di fatto il possesso dell'eredità, poteva promuovere la stessa azione privilegiata di spoglio; e si disputava se nel fôro lo potesse: si ex statuto possessio defuncti transeat in heredem (V. in ispecie MAZZEI, De legitimo actionis spolii usu, p. 41, 42, che cita anche FABRO, Cod., 1. VII, t. 7, def. 5, ove pure commenta l'adagio più volte ricordato, le mort saisit le vif). Dejicitur qui amittit possessionem, non qui non accipitur ; non est igitur quod heredi hoc in casu spolii actio competere queat (Leg. 1 § 26 Dig. de vi et vi arm.; MAZZEI, loc. cit.). Articolo 927. I figli naturali, che hanno diritto ad una parte dell'eredità in concorso con figli legittimi, debbono chiederne a questi il possesso. Articolo 928. I casi e le formalità di apposizione e di rimozione dei sigilli sono determinate dal codice di procedura civile. V. Leggi citate agli articoli precedenti. Cod. civ. francese, art. 724, 773 e relativi. Sardo, art. 972 e seg. Due Sicilie, art. 645. 912, 913 e segg. Annotazioni. 1. L'art. 724 del Codice civile francese non accorda il possesso di diritto, od ereditario, ai figli naturali, al coniuge sopravivente ed allo Stato, che sono chiamati alla successione in mancanza d'eredi legittimi: vuole che chiedano in giudizio quel possesso; e sono tenuti come gli eredi legittimi per i debiti: qui in universum jus succedunt, heredis loco habentur, dice la Leg. 128 Dig. de reg. jur., quando abbiano ottenuto il possesso o rilascio (MALEVILLE, sull'art. 724 succit. del Cod. civ. fr.). — V. i precedenti art. 743 e seg., 815 e seg., colle ANNOTAZIONI. 2. Il figlio naturale è bensì al riguardo dei creditori ereditarii tenuto al pagamento dei debiti a proporzione del suo emolumento, ma non mai ultra vires portionis suæ, non essendo vero erede, nè rappresentando la persona del defunto (ZACHARLE, t. I, §§ 638, 639; TorLLIER, t. IV, no 526; DELVINCOURT, t. 11, p. 62; CHABOT, sull'art. 757 del Cod. civ. fr.; DURANTON, t. III, pag. 340, no 289 e seg.). 3. V. il Codice di procedura civile, art. 817 e seg. Secondo l'art. 849, ivi, si debbono apporre i sigilli, anche d'uftizio dal pretore: 1° Se il coniuge od alcuno degli eredi sia assente dal luogo; 2° Se tra gli eredi vi siano minori od interdetti senza tutore o curatore; 3° Se il defunto sia stato depositario pubblico: salva nei due primi casi disposizione contraria del testatore. Sarà ottimo consiglio dal notaio che riceva un testamento, d'interpellare su di ciò il medesimo. V. pure l'art. 969 del Codice sardo, che comandava quella cautela, nel più breve termine; e si aggiunga la Nov. 60, cap. 1, la Nov. 164, e tutto il titolo del Cod. ut nem. lic. sine jud. auct. sign.; colla Leg. 1 § 36 Dig. depositi; e POTHIER, Della procedura civile, part. v, cap. 5, § 1 e seg. V. inoltre l'art. 895 di detto Codice sardo. SEZIONE II. Dell'accettazione dell'eredità, e della rinunzia alla medesima. $ 1. Dell'accettazione. Articolo 929. L'eredità può essere accettata puramente e semplicemente, o col benefizio dell'inventario. Articolo 930. Le eredità devolute ai minori ed agli interdetti non si possono validamente acceftare, che con le formalità stabilite nei titoli VIII e IX del libro primo di questo codice, e col benefizio dell'inventario. Articolo 931. I maggiori inabilitati non possono accettare se non col consenso del curatore e col benefizio dell'inventario. Articolo 932. Le eredità devolute ai corpi morali non possono essere accettate che coll'autorizzazione del governo da accordarsi nelle forme stabilite da leggi speciali. Esse non possono essere accettate se non col benefizio dell'inventario secondo le forme stabilite dai rispettivi regolamenti. 2. - Leg. 22 1, 2 et passim Cod. de jure delib.; Nov. 1, cap. 2, § 1; Inst. de her. qual. et diff., $$ 5, 6. Inst. de auct. tut., § 1; Leg. 9 § 3 Dig. de auct. et cons. tut.; Leg. 5, 18 Cod. de jure delib.; Leg. 7 S$ 2, 3,7 Cod. de curat. fur. vel prodig.; Leg. 65 § 3 Dig. ad SC. Trebell.; Leg. 5 § 1, Leg. 8, 9 Dig. de adq. vel omitt. her.; Leg. 7 § 1, Leg. 8 Dig. de bon, possess.; Leg. 8 Cod. de bon, quae lib.; Leg. 6, 254 Dig. de adq. vel omitt. her. 1- Leg. 26 Dig. ad SC. Trebell.; Leg. 26 Cod. de sacros. eccl.; Leg. 28, 49 Cod. de episc. et cler.; Nov. 131, cap. 11; tot. tit. Dig. de colleg. et corpor. Cd. civ. francese, art. 774, 776. - Sardo, art. 979, 982 e seg. Austriaco, $$ 800, 233, 26. Annotazioni. 1. Vogliamo fin d'ora osservare che secondo la giurisprudenza moderna non vige più la presunzione forense: filius ergo heres; oggigiorno non si presume nè l'adizione, ossia più propriamente accettazione, nè la rinunzia ad una successione. Havvi uno stato intermedio, cioè quello dell'astensione od inazione che si deve supporre e presumere (ZACHARIÆ, t. II, § 613; TROPLONG, dissert., ivi cit.). Bisogna perciò aspettare che si prenda qualità, come dicono i pratici. — V. gli articoli seguenti colle ANNOTAZIONI, specialmente quanto ai figli che posseggano e godano i beni ereditarii paterni per le ragioni materne; caso assai frequente.= Quanto al detto assioma filius ergo heres, non s'applicava però in passivis, cioè se si invocava per onerare il figlio di passività (Tavola decennale di giurisprudenza, v° Successione, n° 19). V. Leg. 11 Dig. de lib. et posth.; Leg. 14 Dig. de suis et leg. her. - 2. V. art. 296, 319, 329, 339, 432, 433, 434, 226 colle relative ANNOTAZIONI; ove stanno pure indicate le leggi speciali ed i regolamenti concernenti i corpi morali, oggetto rilevante della patria legislazione novella. 3. Le donne maritate, in ciò equiparate alle altre, possono oggidì accettare l'eredità loro deferita senza autorizzazione maritale o giudiziale, come prescrivevano in gran parte i precedenti Codici, conformandosi per altro all'art. 134, specialmente intorno ai capitali ereditarii. Puossi credere che, col consiglio del marito, nei casi di dubbiezza sopra la maggiore o minor convenienza, d'accettare un'eredità dai congiunti, od altri, la donna s'appiglierà al prudente partito d'accettarla col benefizio di inventario, il cui primario effetto è che non si sia tenuto al pagamento dei debiti ereditarii e dei legati oltre il valore e compendio della successione, ultra vires, come si vedrà più innanzi. Ad ogni modo essendo possibile un'incauta accettazione pura e semplice della moglie d'un'eredità oberata, sarà questo un novello motivo per inculcare ai genitori e mariti una costituzione di dote al tempo del matrimonio, onde i beni parafernali non abbiansi poi a sacrificare pei pesi ereditarii noti ed ignoti con rovina della famiglia. Intanto sulle eredità deferite alla moglie, e sulle cautele a prendersi dal marito nell'accettazione o rinunzia nel caso indicato dalla Leg. 58 Dig. solut. matr. e per analogia, rimettiamo il lettore alla medesima, intitolata de servo dotali herede instituto, ove vedrà che essenzialmente bisogna che l'uno bene s'accerti della intenzione e del volere dell'altra. = = 4. Non isfugga la disposizione del succitato articolo 226 dell'attuale Codice, per cui le eredità devolute ai figli soggetti alla patria podestà debbono accettarsi di necessità, e per buona cautela legale, col benefizio dell'inventario. Rispetto al diritto romano ed alle eredità deferite ai figli infanti o soggetti alla patria podestà, e da chi e come si dovessero accettare, V. la citata Leg. 18 Cod. de jure delib.; si fa ivi cenno parimente dell'adizione del tutore, mancato l'avo ed il padre. V. il Codice sardo agli articoli sopraindicati. 5. Credesi da varii che l'accettazione di un'eredità non costituisca più, almeno nel diritto francese, un quasi-contratto (ZACHARLE, t. II, § 611, nota 8, in fine). Come credesi del pari doversi accordare ai creditori dell'accettante un'eredità oberata, di connivenza coi creditori ereditarii fraudolenta, l'azione pauliana o rivocatoria (ZACHARIÆ, ivi). — V. Leg. 1 § 5 Dig. de separat. Articolo 933. L'effetto dell'accettazione risale al giorno in cui si è aperta la successione. Sono però sempre salvi i diritti acquistati dai terzi per effetto di convenzioni a titolo oneroso fatte di buona fede coll'erede apparente. Se questi ha alienato in buona fede una cosa dell'eredità, è soltanto obbligato a restituire il prezzo ricevuto o a cedere la sua azione contro il compratore che non lo avesse ancora pagato. L'erede apparente di buona fede non è tenuto alla restituzione dei frutti, se non dal giorno della domanda giudiziale. Leg. 54 Dig. de adq. vel omitt. her.; Leg. 138, 193 Dig. de reg. jur.; Leg. 28 § 4 Dig. de stipul. serv. - Sardo, art. 987. Due Sicilie, art. 694. Parmense, art. 879. Estense, art. 961. Annotazioni. - E tas quamvis postea adeatur, tamen cum tempore mortis continuatur (Cit. Leg. 138 Dig. de reg. juris). —- Omnia fere jura heredum perinde habentur, ac si continuo sub tempus mortis heredes exstitissent (Cit. Leg. 193 dict. tit.). L'articolo vuol dire che colui che accetta una successione in qualunque tempo che sia, ed anche dopo molti anni, è considerato come se l'avesse avuta al momento stesso della sua apertura, e che vi fu un'eredità. qui si ricorda che nessuno è tenuto oggidì ad accettare una successione che gli sia deferita, come si diceva ancora negli anteriori Codici, onde avvertire che non vi sono più nelle moderne legislazioni eredi necessarii, diremmo, per l'onore del defunto; sebbene, a vero dire, i figli eredi necessarii, se soggetti alla paterna potestà, potessero per gli editti pretorii, e sotto il velame di nuova parola, di temperamento dell'antico diritto, astenersi dall'eredità paterna: impuberibus liberis omnimodo abstinendi potestas sit; puberibus autem ita si se non immiscuerint (Leg. 11 Dig. de adq. vel omitt. her.; et Leg. 8, 12, et ult. Cod. de rep. vel. abst. her.). roso, e quelle a titolo gratuito. L'erede che sopraviene è, astrazione fatta dalla buona ovvero dalla malafede del possessore dell'eredità, e qualunque esso sia, tenuto a rispettare gli atti d'amministrazione che consentì costui a favore dei terzi di buona fede. Gli atti di disposizione a titolo oneroso sono egualmente validi al riguardo dell'erede, astrazione fatta dalla buona o mala fede del possessore o detentore dell'eredità alloraquando costui sia parente del defunto al grado successibile; allorquando prese possesso dell'eredità in tale qualità di seguito all'assenza o all'inazione dei parenti più prossimi; allorchè il possesso pubblico e pacifico in esso lui dell'eredità dovette farlo considerare notoriamente quale vero erede; ed allorchè in ultimo i terzi coi quali il possessore trattò, erano di buona fede. Per lo contrario gli atti di disposizione a titolo gratuito non possono opporsi all'erede che gode contro i terzi, a profitto dei quali vennero alienati gli immobili, dell'azione in rivendicazione, salva l'usucapione e la prescrizione. - Vedansi inoltre nei rari casi che si presentino al riguardo le note di ZACHARIÆ e chiosatori suoi, loc. cit., col tit. del Digesto, de heredit. petit., cogli art. 701 e seg. e loro ANNOTAZIONI. Intorno all'erede apparente o putativo puossi anche vedere FABRO, Cod., 1. VI, tit. ult., def. 15, in fine, con MERLIN, vo Erede, quest. § 3, e PоTHIER, Pandette, al tit. cit. de hered. petit.; TOULLIER, t. II, no 284, e t. IV, no 31, ed addizioni; e SOLON, Delle nullità, t. II, cap. 13, § 1, ex professo, ove s'appoggia pure a FABRO, loc. cit., premettendo alcuni principii, fra i quali: non aversi più dubbio oramai che la qualità d'erede putativo unita alla buona fede del contraente con esso, legittima alcuni atti che questi non poteva consentire: possessor pro domino habetur; error communis facit jus, ecc.; tratta ivi della petizione d'eredità. V. pure ZACHARIÆ, t. II, § 616, oltre il 609. Articolo 934. L'accettazione può essere espressa o tacita. È espressa quando si assume il titolo o la qualità di erede in un atto pubblico o in una scrittura privata. È tacita quando l'erede fa un atto, che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare l'eredità, e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede. Articolo 935. Gli atti semplicemente conservativi, di vigilanza e di amministrazione tempo ranea non importano accettazione di eredità, se con essi non siasi assunto il titolo o la qualità di erede. 1. 2. Inst. de her. qual. et diff., § 7; Leg. 20, 21, 21, 78, 86 $ 2, Leg. 87, 88 Dig. de adq. vel omitt. her. ; Leg. 2, 6, 10 Cod. de jure delib.; Leg. 12, 22 Dig. de interv. in jure fac.; Leg. 1 § 1, Leg. 36 Dig. fam. ercise.; Leg. 14 § 8 Dig. de relig. Leg. 20 ppio e § 1, Leg. 22 in fine, 78 Dig. de adq. vel omitt. her.; Leg. 1 Cod. de rep. vel abst, her.‡ Leg. 148 Dig. de relig.; Leg. 1 Cod. de jure delib. 1. Al tempo della compilazione del Codice civile francese si osservò che sarebbe pericoloso di fare risultare un'accettazione irrevocabile d'un'eredità da un atto privato, e qualcheduno aggiunse che era d'uopo definire ciò che s'intendesse per atto privato, locuzione dell'articolo 778 del Codice suddetto. Ciò non di meno l'articolo venne adottato; donde segue bensì che l'accettazione risulta dalla qualità d'erede assunta in un atto privato, come in un atto autentico; ma bisogna sempre che sia ciò che s'intende comunemente colla parola atto atto (nel Codice nostro, scrittura privata), cioè uno scritto passato coll'intenzione d'obbligarsi, e non una semplice lettera, una nota, e tanto meno una dichiarazione verbale (Così MALEVILLE, sul cit. articolo del Cod. civ. fr.). Le enunciazioni d'una lettera potrebbero però stabilire un'accettazione espressa se essa fosse diretta ad un coerede o ad un creditore ereditario all'oggetto di trattare un affare della successione (ZACHARIE, tom. II, § 611). — Vedansi per altro ancora in senso diverso oltre il cit. MALEVILLE, DELVINCOURT, t. II, pag. 77; TOULLIER, t. IV, no 325; DURANTON, tom. III, p. 375; CHABOT, sull'art. 778 del Cod. civ. fr. Presso noi una lettera non sarebbe giuridicamente una scrittura privata, polizza, capitolazione, quitanza e simili. 2. Quanto all'accettazione tacita, la citata Leg. 20 Dig. de adq. vel om. her. già diceva: quoties quid accepit quod citra jus et nomen heredis accipere non poterat. L'articolo 935 è anch'esso conforme alle altre Leggi succitate, fra le quali la Leg. 20 e 78 eod. tit., giusta le quali non si fa atto d'erede, raccogliendo semplicemente gli effetti ereditarii per impedirne la perdita, pagando le spese funebri del defunto, e via dicendo. 3. L'accettazione d'un'eredità non può avere luogo con termine, ex die (V. art. 851, 933 e ANNOTAZIONI), nè sotto condizione (Leg. 77 Dig. de reg. jur. e relative), nè parimente per un dato tempo, in diem; perchè semel hæres, semper hæres (Leg. 88 in fine, Dig. de her. instit.). V. però FABRO, Cod., 1. vi, t. 6, def. 2 e art. 851 predetto. 4. L'accettazione è tacita quando il succes sibile, senza riserve o proteste, passa un atto giuridico che non poteva fare legalmente che quale proprietario dell'eredità: pro herede gerere est pro domino gerere; veteres enim he redes pro dominis appellabant (§ 7 Inst. de her. qual. et diff. sopra cit.; ZACHARIÆ, loc. cit.). Al dire infatti del dotto CUJACCIO la voce heres viene da quella herus, padrone (CUJACCIO, notæ ad dict. § Inst. liter. E; MERLIN, vo Erede, ppio). Pro herede gerere vi detur is qui aliquid facit quasi heres... pro herede gerere non est facti, sed animi, nam hoc animo esse debet ut velit esse heres. Ceterum, si quid pietatis causa fecit, si quid custodia causa, si quid quasi non heres egit, sed quasi alio jure dominus, apparet non videri pro rede gessisse (Cit. Leg. 20 ppio Dig. de adq. vel omitt. hered.). V. MANTICA, De conj. ult. vol., 1. XII, t. 10: ex quibus conjecturis fr lius videatur se immiscuisse hereditati patris. he 5. Relativamente agli atti semplicemente conservativi menzionati nell'art. 935, si devono annoverare fra essi: l'istanza per l'apposizione e la rimozione dei sigilli; quella per l'inventario; gli atti d'interruzione d'una prescrizione prossima a compirsi, massimamente se a breve termine; un'iscrizione ipotecaria, o la sua rinnovazione; la locazione delle case vacanti per il tempo d'uso; ed in caso d'urgenza eziandio l'affittamento dei beni rurali; la vendita dei frutti, e mobili in deperimento, con che sia autorizzata per giustizia e nelle forme volute (ZACHARIE, loc. cit.; CHABOT, sull'art. 696 e 779 del Cod. civ. fr.; DURANTON, tom. III, pag. 387; MALEVILLE, sull'art. 696 di detto Codice). Ritengasi peraltro pure il disposto dal cit. § 7 Inst. de her. qual. et diff., con VINNIO, su di esso, e si ricorra ognora, eziandio circa le locazioni, alle leggi sorie, fra cui la Leg. 20 Dig. de adq. vel omitt. her., che reca più casi pratici. succes 6. Il successibile inoltre che si pone in possesso di beni spettanti all'eredità non per goderne, o disporne, ma a titolo di depositario o di custode, non fa atto d'erede: nè vale parimente accettazione tacita il pagamento dei |