Annotazioni. 1. Dall'articolo 1046 si induce che i genitori ed ascendenti possono dividere una sola parte dei loro beni validamente, lasciando che quanto al rimanente sia devoluto ai figli e discendenti giusta le regole delle successioni intestate. 2. Nel caso, assai raro, di una sola parziale divisione, la successione non essendo composta salvo che dei soli beni non divisi, non vi sarebbe luogo alla collazione di quanto venne compreso nella prima parziale divisione; questa non costituisce infatti una semplice anticipazione d'eredità, avendo un carattere definitivo, ed i figli posseggono i beni divisi a un dipressò come se gli avessero acquistati a titolo oneroso (TROPLONG, loc. cit., ni 2316 e 964). 3. Il Codice civile francese (ed il patrio a fortiori), giusta l'articolo 888, non permette che nelle divisioni di cui si tratta sia preterito alcuno dei figli, non conoscendosi più la diseredazione. Il figlio però omesso nella divisione non avrebbe azione che dopo la morte del genitore od ascendente, libero dispositore vivendo delle cose sue. Anche la sopravenienza di un figlio darebbe luogo ad una nuova divisione (TROPLONG, loc. cit., no 2317 e seg.). 4. La divisione de' genitori o d'ascendenti è del resto, quanto al modo di riparto dei beni, soggetta alla regola delle altre, secondo cui i lotti devono contenere, per quanto si possa, la stessa quantità di stabili e di mobili della stessa natura, salvo che s'incontrino inconvenienti, e non si possa comodamente fare la divisione, e con lievi rifatte, avendo la legge in allora conferito ai medesimi, si può dire, pieni poteri al riguardo (ZACHARLE, tom. III, §§ 730, 731; MALEVILLE, sull'art. 1079 del Codice civile francese; DELVINCOURT, tom. II, pag. 150; MERLIN, vo Divisione d'ascendente, n° 12; TOULLIER, tom. v, n° 806; GRENIER, tom. II, no 399). V. gli articoli 994 e 995, normali per le divisioni ed imperativi. Articolo 1048. La divisione fatta dall'ascendente può essere impugnata, se dalla medesima o dalle altre disposizioni fatte dall'ascendente risulta che sia leso nella porzione legittima alcuno di quelli, fra i quali sono stati divisi i beni. Se la divisione è fatta per atto tra vivi, può altresì essere impugnata per lesione oltre il quarto a norma dell'articolo 1038. Articolo 1049. Il figlio che per alcuna delle cause espresse nel precedente articolo impugna la divisione fatta dall'ascendente, deve anticipare le spese della stima, e soccom bendo nel giudizio definitivo sarà condannato nelle spese medesime e in quelle della lite. 1. 2. Leg. 8 Cod. de inoff. test.; et. tot. tit. Cod. de inoff. donat.; Nov. 18, cap. 1; Nov. 92, cap. 1; Leg. 10 Cod. fam. ercisc. Inst. de pœna tem. litig., § 1, et tot. tit.; Leg. 4, 5 Cod. de fruct. et lit. exp.; Leg. 13 § 6 Cod. de judic.; Leg. 8 6 Cod. de bon. quæ lib. -- Cod. civ. francese, art. 1079, 1080. Sardo, art. 1119, 1120. Due Sicilie, art. 1035, 1036. 1048, 1049. Estense, art. 1129, 1130. Parmense, art. gli articoli 808, colle ANNOTAZIONI, 805 e seg., 821 e seg., 1091 e seg. 2. Quantunque la patria podestà si manifesti ordinariamente coll'affetto e colla giustizia, non è però pienamente immune da certi eccessi, ed il legislatore dovette pigliare misure di precauzione per proteggere il diritto dei figli contro la possibilità dell'arbitrio di un padre: quindi il disposto dell'articolo 1078 del Codice civile francese, che vuole che la divisione inter liberos, non sia valida, salvo nel caso che tutti i figli vi siano chiamati, perchè la natura li chiamava tutti, e non dipende dal padre di ometterne un solo; quindi parimente il disposto dall'articolo 1079, il quale proclama presso ed a favore dei figli un diritto anteriore di condominio, e lo proclama talmente sacro che loro accorda un'azione in lesione; sembra che colla divisione il figlio riceva meno una liberalità, che la cosa ed il fatto suo, e che il padre non possa di più di un perito o di un liquidatore scostarsi nella formazione dei lotti dall'eguaglianza che è la legge ordinaria delle divisioni delle successioni. Ciò nondimeno, se è vero che il padre non possa, in tanto che è arbitro, rompere d'una maniera sensibile tale eguaglianza, può in forza della sua magistratura paterna disporre della parte disponibile per via di precipuo, ed ordinare la sua divisione con tale preferenza d'un figlio sugli altri: in fatti il potere di fare una divisione fra i figli non venne creato ed introdotto nelle leggi per togliere al padre l'esercizio del suo diritto cotanto utile e salutare sopra cotale parte dispoibile (Così TROPLONG, loc. cit., ni 2296, 2297, 39.-V. anche ZACHARIÆ, tom. III, §§ 728, 132, 734. 3. Quantunque gli articoli 1048 e 1049 del Codice, come eziandio i correlativi dei Codici anteriori, non diano un carattere od una quaità e nome all'azione per cui s'impugni per lesione la divisione, può dirsi però in principio che intendono che quell'azione sia anch'essa di rescissione e, diremmo eziandio, d'inofficiosità di donazione o testamento, ossia, secondo la terminologia dei Codici, d'azione in riduzione per essersi ecceduto sulla quota dispoibile a danno della legittima, che deve però i computi sempre ritenersi riservata e doruta a cadun figlio, epperciò eziandio a colui a cui vantaggio vuolsi che siavi stato eccesso, gasta l'articolo 805 (V. ZACHARIÆ, loc. cit., $734, nelle note). 4. La donazione ad uno o più figli della parte disponibile per via di precipuo, per præoptionem, o prelevamento, può essere fatta ell'atto stesso della divisione; ma se questo Tenisse annullato, la donazione non lo sarebbe e la divisione fosse dichiarata nulla per la Preterizione d'un figlio in essa, poichè la nulta della divisione nel caso non può pregiudiare alla donazione o liberalità fra vivi o tesamentaria, cose in sè differenti. Lo stesso dirasi se la divisione venne annullata per eccesso ela porzione disponibile, non portando seco che una riduzione semplice. Ma se i vantaggi fatti risultassero non già da un'attribuzione espressa per precipuo, ma dalla composizione inesatta od esagerata di un lotto, è evidente che quei vantaggi dissimulati non avendo per fondamento nè un titolo distinto, nè una disposizione positiva, seguiterebbero la sorte della divisione da cui risultano implicitamente (TROPLONG, loc. cit., ni 2330, 2321; TOULLIER, t. v, no 812; GRENIER, loc. cit., tom. II, no 400, pag. 586; ZACHARLE, loc. cit.). 5. L'azione per rescissione o per nullità della divisione, generalmente parlando, dalla maggior parte dei commentatori del Codice civile francese si tiene per prescrittibile in anni dieci; però l'azione relativa rispetto ad una divisione fatta per testamento si crede durare anni trenta: e nel caso di una divisione tra vivi l'accettazione del suo lotto da un figlio non impedisce che, morto il padre od ascendente, la impugni per lesione, supponendosi frutto del timore riverenziale (TROPLONG e ZACHARIÆ, loc. cit.). V. l'articolo 1300, in appresso, che restringe detta prescrizione agli anni cinque, e che infatti non riguarda salvo i contratti, e così pure le donazioni, come vedremo. Vero è però che, fra gli altri, i chiosatori di ZACHARIÆ, loc. cit., § 734, nelle note, os servano non potersi nel caso equiparare la divisione paterna ad un vero contratto, poichè, a loro avviso, questa emana dalla volontà sola del padre, cosicchè sia inapplicabile la prescrizione dei soli anni dieci (ora cinque) dalla convenzione: al che puossi rispondere che la divisione, contenente in sè una donazione e liberalità, deve per la sua efficacia essere accettata dai figli, coi suoi patti e condizioni, fra le quali spesso quelle concernenti il pagamento di debiti, la riserva d'usufrutto al padre, madre od ascendente, la prestazione di pensione o d'alimenti ad essi, la coltura dei fondi, e simili. 6. Sul particolare poi dell'azione d'inofficiosità, o di riduzione a causa di lesione nella legittima, essa non ha per oggetto la rescissione integrale della divisione, ma la sola restrizione dei vantaggi eccedenti la quota disponibile: l'eccedente si divide fra il figlio avvantaggiato e gli altri compartecipanti, quale successione ab intestato, secondo l'articolo 1077 del Codice. civile francese (1046 del patrio), ed il convenuto non potrebbe in quel caso arrestare il corso dell'azione, offrendo un'indennità pecuniaria, avendo di regola l'attore ragione al supplemento in corpi ereditarii. - V. ZACHARIÆ, loc. cit., § 734 in fine, testo e note, ove però addita opinioni contrarie', massimamente di DURANTON, che in verità pare talora confondere l'azione in rescissione per lesione con l'a zione d'inofficiosità o di riduzione, della quale ora facemmo parola, per intacco alla legittima o porzione riservata alla prole. V. DURANTON, tom. V, pag. 201 e seg., ni 614 e seg. = Eziandio TROPLONG, loc. cit., no 2337, è di sentimento che il convenuto in azione per lesione della divisione possa arrestarne il corso offrendo sia in stabili, sia in contanti, secondo i casi, il deficit constatato; ma sottentra poscia dicendo poterlo anche nell'ipotesi che l'azione sia fondata sopra un vantaggio eccessivo; asserendo che quello è un altro caso di rescissione, e che questa, quale misura perturbatrice ed estrema, può essere prevenuta con un'offerta valida d'indennità si in danaro che in natura, giusta l'art. 891 del Codice civile francese, consimile all'articolo 1042 del nostro. Anche quel dissenso fra i primarii scrittori e le Corti di Francia si sarebbe potuto in questo Codice nostro risolvere e comporre, parendoci intanto che il legittimario abbia di preferenza diritto alle cose o corpi ereditarii, e non a danaro, generalmente parlando, salvo al più se si trattasse di lieve supplemento in numerario, per esempio di seguito a costituzione dotale in contanti, alla quale ben poco mancasse per compire la legittima cui fosse la figlia ridotta per volontà paterna, più o meno giusta, nè il marito volesse farne la collazione od imputazione col presentare la cosa avuta. V. gli articoli 1015 e seg., colle ANNOTAZIONI agli articoli precedenti. - 7. Quanto alla disposizione dell'art. 1019 riguardante le spese di stima e del giudizio, può dirsi, a giustificazione in genere, che le leggi presumono sempre retto ed ottimo il paterno giudizio (Cit. Leg. 8§6 Cod. de bon. quæ lib.), e che spesso filius judicia patris accusat, quæ mereri satius fuerat (SENECA, De ira, 1.11, cap. 7). Ad ogni modo, e per le premesse considerazioni, ci pare con TROPLONG, loc. cit., n° 2339, che l'articolo non si possa, teoricamente ragionando, con giustizia applicare ad una domanda del figlio o della figlia, fondata su tutt'altra causa che non la lesione, per es. alla domanda d'inofficiosità o di riduzione per vantaggi ad altri figli o fratelli che eccedano la porzione disponibile. In tutti gli eventi l'articolo non potrebbe applicarsi all'azione in rescissione della divisione a causa che ad un figlio siasi sorpreso il consenso ad essa per dolo, frode o violenza o minaccia, dai fratelli, e via dicendo. TITOLO III. DELLE DONAZIONI MOTIVI § 1. Generalità. - La materia delle donazioni è connessa con quella della successione. Generalmente la capacità di donare o di acquistare per donazione è regolata dalle stesse norme che governano la capacità di far testamento o di succedere. Però della donazione, quantunque come atto tra vivi partecipi della natura dei contratti, si è fatto un Titolo separato, che segue quello della successione, venendo così ad essere un punto di transizione tra questa e la materia dei contratti (1). § 2. I principii seguiti dal nostro Codice intorno alla materia delle donazioni tra vivi concordano in genere coi principii medesimi onde informasi la legislazione francese. Due sistemi opposti si facevano incontro in fatto di ordinamento delle donazioni tra vivi. Il diritto giustinianeo, ripudiando i rigori e l'austerità dell'antico diritto quiritario, inaugurava con la Legge 35 Cod. de donat. un sistema liberissimo e disimpedito d'ogni forma e solennità estrinseca rispetto (1) Relazione del ministro Pisanelli sul progetto del terzo Libro del Codice italiano, pag. 29. alle donazioni, dichiarando recisamente tenersi valida la donazione per sola efficacia di nuda convenzione, senza necessità di tradizione o stipulazione. Il quale sistema meritò severa censura dai più gravi interpreti del diritto romano, infra i quali il Cuiaccio, riputandosi quel sistema inconsulto e pericoloso, in quanto mal provvede alla importanza suprema di un atto gravissimo tra gli atti della vita civile, e che bene spesso può essere il frutto della imprevidenza e della leggerezza di chi lo compie sotto l'impero delle seduzioni e degli artifizi di chi ne trae profitto. Un secondo sistema, che veggiamo abbracciato da taluno dei Codici italiani, ed in ispecialità dal Codice subalpino, egli è questo, che, viste le inconvenienze e i pericoli d'una soverchia agevolezza lasciata al compimento degli atti di donazione, si adopera con ogni studio a moltiplicare le precauzioni e le minuterie di forme e di solennità, e vuole il necessario intervento del magistrato, ad esso affidando l'approvazione o il rifiuto dell'atto dietro un'esplorazione minaziosa delle molteplici circostanze ed accidenti, che valgano a chiarire i moventi morali delT'atto di liberalità. Codesto sistema pecca evidentemente di esagerazione oltrespinta della protezione legislativa, il che ripugna ai buoni principii. Meritamente adunque il nuovo Codice italiano s'accosta in ciò di preferenza, come si disse, al Codice francese (2). § 3 (Art. 1050, 1051). I termini della definizione delle donazioni data in questi articoli escludono evidentemente le donazioni così dette per istituzione contrattuale d'erede, che pertanto debbonsi considerare come non ammesse dal nostro Codice. Ignote le istituzioni contrattuali alla purità dei principii del diritto romano, che altamente condannava i patti di futura successione, le istituzioni suddette vennero accolte in Francia dal diritto consuetudinario, e trovarono di poi favore ed ospitalità nel Codice civile in omaggio alla causa privilegiata del matrimonio. Ma chi ben guardi codesta innovazione dai principii del diritto comune, intenderà di leggieri quali vizi intrinseci travaglino le istituzioni contrattuali, e come la proprietà ne rimanga incerta e precaria, e come il credito immobiliare ne sentirebbe offesa, e come infine tutto il sistema ipotecario ne andrebbe turbato e sconvolto. Fu quindi ottimo divisamento del Codice il respingere e cancellare dal medesimo la istituzione contrattuale, rendendo omaggio siffattamente ai buoni principii della materia (3). § 4 (Art. 1052, 1053). È capace di donare colui che può fare testamento. Siccome chi dona i spoglia irrevocabilmente della cosa donata, così è stabilito che non possa donare quegli che non ha la libera disponibilità dei suoi beni. Sono quindi incapaci di donare i minori di età e gli inabilitati, salvo per convenzioni matrimoniali. Non possono acquistare per donazione quelli che non sono capaci di ricevere per testamento. A tale riguardo non si fece alcuna eccezione, havvi anzi un'estensione d'incapacità (4). § 5 (Art. 1054). È vietata ogni donazione tra coniugi durante il matrimonio, quantunque possano ricevere reciprocamente per testamento. Il pericolo della seduzione e della violenza, e quello della frode riguardo ai terzi, è tale che la legge debba porvi un ostacolo assoluto. La Commissione senatoria avrebbe voluto con una speciale disposizione abilitare gli sposi a farsi per contratto di matrimonio donazione reciproca di tutto ciò di cui possano disporre per testamento. Ma tale disposizione non fu ammessa, perchè contraddicente apertamente al principio generale che vieta le donazioni di beni futuri, ed oltre a ciò implica un vincolo anticipato alla quota disponibile dalla legge determinata, togliendo modo siffattamente ai genitori di gratificare i figliuoli degni di speciale favore, o di venire in soccorso dei necessitosi e più infelici tra i figli loro (5). § 6 (Art. 1056). Il diritto romano ed i Codici italiani che più vi si accostarono, guardavano le donazioni con occhio sfavorevole. Essi le circondavano di forme solenni, domandavano l'intervento del magistrato per esplorare la volontà del donante, per accertarsi se la sua volontà Relazione (Vacca) della Commissione senatoria sul progetto del libro terzo del Codice civile, pag. 24. Citata Relazione Pisanelli, pag. 29. (5) Relazione ministeriale al Re, 25 giugno 1865. fosse libera, non mossa da artifizio, seduzione o inganno. L'approvazione del magistrato faceva parte sostanziale della donazione. Questo sistema inchiude primieramente una supposizione erronea. Si crede che gli individui siano facili e corrivi a spogliarsi delle cose loro, per avvantaggiare un terzo. L'esperienza insegna l'opposto. Suole accadere che i debitori cerchino di sottrarsi all'adempimento delle loro obbligazioni, ma raramente avviene che taluno dia quello che non è obbligato di dare. Esso inoltre fa violenza al diritto del cittadino. A chiunque abbia la libera disponibilità dei suoi beni deve essere lecito di fare quelle alienazioni che stima opportune, senza dipendere dalla volontà di un pubblico ufficiale. Anche per questa ragione fu respinto quel sistema dal Codice italiano, La tutela legisla tiva dei maggiori di età non entra nei principii che l'informano. La donazione deve farsi per atto pubblico. Questa forma sta in correlazione a quella richiesta per le convenzioni matrimoniali, nelle quali generalmente, se non esclusivamente, avvengono le donazioni. L'intervento del pubblico ufficiale può essere inoltre una maggior guarentigia per il donante contro qualsiasi violenza o sorpresa (6). La Commissione senatoria chiamata ad emettere il suo avviso sul Progetto ministeriale, facendo plauso a tale concetto, era però di parere che l'articolo, quale era formulato dal Ministero, e come trovasi ridotto nel vigente Codice, prestasse ovvio mezzo di sottrarre alla generale disposizione i doni manuali; i quali, a suo avviso, e fatta soltanto eccezione per quelli di lieve entità, avrebbero dovuto del pari essere assoggettati alla forma dell'atto pubblico prescritta dalla legge. Ecco in quali termini essa Commissione giustificava i suoi appunti: «Ma la Commissione ben ponderando i termini onde è formolato codesto articolo 1025 (Art. 1056 del Codice), ebbe a scorgere di leggieri come la interpretazione letterale di esso articolo condurrebbe alla illazione, che la donazione per avventura possa a libito delle parti compiersi indipendentemente dalla scrittura, sicchè non andrebbe colpita di nullità una donazione brevi manu, nè consegnata in atto pubblico. E tali furono le conclusioni che ne trasse la giurisprudenza francese sotto l'impero dell'articolo 931, formolato nei termini identici dell'articolo 1025 del Progetto. Non si dubitava di fatti essere valida ed inattaccabile una donazione di cose mobili, seguita che fosse dalla tradizione; il che si rannodava eziandio al priacipio generale, che in fatto di mobili il possesso tiene luogo di titolo. E nondimeno l'applica zione di codesta teoria, che scende rigorosamente dal testo e dalla legge, fu argomento di disputazioni e di preoccupazioni non poche nella scuola e nel foro; imperocchè parve in taluni casi una pericolosa esorbitanza il permettere i doni manuali di somme e di valori ingenti, o anche di titoli di credito, di biglietti di commercio e di altri diritti incorporali. « Ciò posto, si avrà a chiedere se veramente non sorga la convenienza ben dimostrata di emendare in jure condendo il vizio e la imperfezione della redazione dell'articolo in disame. La Commissione non esitava punto ad entrare in questo divisamento, stimando essa altamente richiesta una dichiarazione netta da far cessare ogni equivoco circa l'intendimento del legisla tore nel prescrivere la necessità dell'atto pubblico per la validità di ogni qualsiasi donazione. Le ragioni di cotal dichiarazione ci paiono evidentissime. Dimostrata invero la necessità di sottordinare la validità di una donazione alla forma dell'atto pubblico, sarebbe assurdo e contraddicente ai fini della legge il tollerare e dare efficacia a modi diversi, per i quali prescindendosi dall'osservanza di quel precetto di legge si venisse a capo di un atto di liberalità sciolto da ogni forma e abbandonato agli accorgimenti della malizia, che troverebbero agevole la via a far frode alla legge. E poi non si saprebbe intendere nel sistema francese il perchè siasi mostrato il legislatore cotanto sollecito di circondare di forme e di guarentigie la trasmissione a titolo gratuito dei beni immobili, nulla si curando delle donazioni mobiliari, le quali ognun vede quanta e quale importanza vanno acquistando nel progressivo svolgimento della ric (6) Citata Relazione Pisanelli, pag. 30. |