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Possono disporre per testamento tutti coloro che non sono dichiarati incapaci dalla legge.

Sono incapaci di testare.

Articolo 763.

1° Coloro che non hanno compiuta l'età di diciotto anni;

2o Gli interdetti per infermità di mente;

3° Quelli che, quantunque non interdetti, si provi non essere stati sani di mente nel tempo in cui fecero testamento.

L'incapacità dichiarata nei numeri 2o e 3o nuoce alla validità del testamento, solo nel caso che sussistesse al tempo in cui fu fatto il medesimo.

2.

1. Inst. quib. non est permiss. fac. test., ppio; Inst. de hered. qual., § 4; Leg. 49 § 1 Dig. de hered, inst, Inst. quib. non est permiss., $ 1, 2; Leg. 5 Dig. qui testam. fac.; Leg. 2, 8, 13, 17, 18, 20 § 4 Dig. eod. tit.; Inst. de testam. ord., § 6; Leg. 4, 9 Cod. qui test. fac.; Leg. 6 Cod. de curat. fur,; Leg. 5 Cod. de codicill.; Nov. 17, cap. 12; Nov. 134, cap. ult.

3.

4.

Auth. Omnes peregrini, Cod. comm. de success.

Citata Leg. et Leg 1 Dig. qui test. fac.; arg. Inst. de hered. qual., § 4; Leg. 6 § 2 Dig. de hered. inst. 5. Inst. quid. non est permiss., § 2; Leg. 18 ppio Dig. qui test. fac.

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[gio),

Testari nequeunt impubes, religiosus,
Morti damnatus, et sub patre filius, obses (ostag-
Prodigus et stultus, dubius, servus, furiosus,
Crimine damnatus, cum muto-surdus, et illum
Qui majestatem læsit, utcumque jungas.

(GLOSSA Dig. de testam.)

2. Ridotte a poche le incapacità di testare dal nuovo Codice a raffronto degli anteriori e delle leggi romane, esso protrasse l'età da cui si possa disporre per testamento, senza distinzione di sesso, ai diciotto anni compiuti; perchè prima di essa mal fermo ancora il giudizio, poca o nessuna l'esperienza, e facile la suggestione o captazione, a danno dei parenti chiamati per legge all'intestata successione. Bisogna che il testatore sia moralmente e fisicamente capace d'avere una volontà, frutto

della ragione sufficientemente sviluppata. Aggiungasi che se alla emancipazione del minore erasi prescritta l'età di anni diciotto, non si poteva nè si doveva prefiggere un limite di età più breve alla facoltà di testare. V. i MoTIVI che precedono il presente Tit., §§ 6 e 25.

3. Coloro che impugnano un testamento come fatto da persona sospettata non sana di mente, non sono tenuti a stabilire che il testatore era al momento del testamento privo dell'uso delle sue facoltà morali. Basta che si trovasse avanti, durante e dopo l'epoca corrispondente al testamento in uno stato abituale di demenza; e se i convenuti nell'azione in nullità pretendano che la disposizione venne fatta in un lucido intervallo, tocca ad essi il giustificarlo (MERLIN, vo Testamento, sez. I, § 1; ivi all'art. 1, no 5, tratta egregiamente, dietro D'AGUESSEAU, dei lucidi intervalli dei furiosi). 4. Se il testatore fu interdetto per demenza, furore e simili, non può discutersi se il testa

mento fu fatto durante un intervallo lucido (TROPLONG, loc. cit., no 461, contro l'opinione di MERLIN). A fronte della disposizione assoluta del n° 2° dell'art. 763 soprascritto, non può dubitarsi che quella proposizione di TROPLONG sia stata adottata dal nostro Codice.

5. Il Codice civile in tema di capacità a testare non fa distinzioni fra la demenza parziale, o monomania, e l'assoluta contro l'avviso di varii medici legali (TROPLONG, loc. cit., n° 455).

6. Tra i non sani di mente si possono annoverare coloro che testano ab irato (Tavola decennale di giurisprudenza, vo Testamento, no 10, e principalmente MERLIN, vo Ab irato, e TROPLONG, loc. cit., ni 478 e seg., 829 ex professo).

7. Atti singolari ed isolati d'apparente saviezza non sorreggono il testamento (Tavola decennale di giurisprudenza, vo Testamento, ni 2, 5; MERLIN, vo Demenza).

8. In fatto di capacità a testare è regola antica che media tempora non nocent (Citata Leg. 6 § 2 Dig. de hered. inst.; Leg. 6 § 12 Dig. de injust. rupt. test.). V. TROPLONG, loc. cit., no 431.

9. Si avverta che il Codice penale del 1859 non riprodusse le disposizioni delle leggi anteriori, e segnatamente del Codice sardo del

1839, art. 585, sulla nullità del testamento del suicida. La religione e la morale condannano il suicidio, ma la legge non lo punisce. Il suicida non si considera però per sano di mente (MERLIN, Vo Suicidio; BARBOSA, Jus ecclesiast., lib. II, cap. 10, de sepult., no 49; CREMANI, De jure criminali, lib. 11, cap. 8, art. 9, de autochiria).

10. La captazione può concorrere colla demenza; l'una può servire a provare l'altra (BETTINI, anno 1853, part. II, pag. 675; SIREY, sull'art. 901 del Codice civile francese. V. anche Tavola decennale di giurisprudenza, Testamento, ni 1 e seg., 16, 18, 28, 29, 32).

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SEZIONE 11.

Della capacità di ricevere per testamento.

Articolo 764.

Sono incapaci di ricevere per testamento coloro che sono incapaci di succedere per legge.

Possono però ricevere per testamento i figli immediati di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore, quantunque non siano ancora concepiti.

Articolo 765. ·

I discendenti dell'indegno hanno sempre diritto alla legittima che sarebbe spettata all'escluso.

Articolo 766.

Sono applicabili all'indegno di ricevere per testamento le disposizioni degli articoli 726, 727, e del capoverso dell'articolo 728.

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Annotazioni.

1. Vedansi le osservazioni fatte al precedente art. 724 e seg., non meno che all'art. 433 circa i corpi morali.

2. Secondo il diritto comune, l'erede doveva essere capace di succedere in quattro distinti tempi: cioè quello del condito testamento, quello della morte del testatore, quello dell'accettazione dell'eredità e quello della verificazione della condizione, ove alcuna ne fosse apposta (RICHERI, Instit., no 3439).

3. Relativamente alla capacità di succedere per testamento dei figli di primo grado di una persona, o congiunto, vivente al tempo della morte del testatore, quantunque non ancora concepiti, per eccezione dalla regola che per succedere bisogna esistere, od almeno essere concepiti, e così relativamente alla preziosa facoltà data già al riguardo da alcuni Codici, fra cui il sardo, ad un padre d'uno scialacquatore,di fare eredi i nascituri o già nati da questo, così scrive VOET, 1. XXVIII, t. 5, def. 12: Accidit aliquando ut testatores non certas, sed incertas personas instituant, sic ut et dubium non raro sit qui videantur testamento vocati: et primo quidem, non suos tantum sed et extraneos posthumos, aut quasi posthumos heredes scribi posse jure civili ac moribus comprobatum est (Inst. de legat. arg., §§ 26, 27, 28; Leg. penult. Dig. de legatis 1o). Indi, e per corollario, fa cenno delle instituzioni d'eredi dei nascituri, anche da celibi; avvertendo che le porzioni loro ereditarie, dapprima incerte, addivengono certe: cum constiterit non alios posse ex personis testamento expressis posthumos nasci (Arg. Leg. 1 § ult. Dig. si pars hered. petat.).

=

= Puossi pure al proposito vedere il Codice civile francese, art. 1048 e seg., e su di essi TROPLONG e GRENIER, quanto alle disposizioni già permesse in Francia a favore dei nipoti da figli del testatore o donante, o dei figli de' suoi fratelli e sorelle per sostituzione.

4. Quelle disposizioni tutte si possono considerare quale un correttivo dell'abolizione dell'antica pretoria interdizione del prodigo; l'inabilitazione d'un figlio erede o coerede dilapidatore delle sostanze sue, e talvolta dei più stretti suoi congiunti, della madre vedova, dei fratelli e delle sorelle, giunge bene spesso troppo tardiva; poichè per venire inabilitato bisogna essere quasi già rovinato o sull'orlo della rovina per più contratti onerosi o per sfogo assiduo di passioni del giuoco ed altre

le più vituperevoli. Starà sempre la sentenza che melius est in tempus occurrere, et intacta jura servare, quam post vulneratam causam frustra remedium quærere (Leg. ult. Cod. in quib. caus., ed altre).

5. Non nascendo gli eredi testamentarii istituiti, la successione si deferisce ai legittimi del testatore all'epoca della morte del padre, i di cui nascituri erano stati istituiti eredi (DUBOIN, tom. 1, pag. 206, 211). — V. VOET, 1. XXVIII, t. 5, no 12 e seg.

6. Istituiti eredi i figli dei fratelli o dello sorelle celibi, e i nascituri da essi o dalle medesime, s'intendono chiamati pure quelli che alla morte del testatore non sono nati o concepiti con quelli già dati alla luce; e per l'incertezza se, quando e quanti nasceranno, e così delle rispettive quote, si deve aspettare che addivengano certe, allorchè sia fuori di dubbio non poter nascere da detti fratelli o sorelle altri figli o postumi (Leg. 1 § ult. Dig. si pars hered. pet.; VOET, lib. XXVIII, tit. 5, no 12 e seg.). V. Inst. de legatis, § 26 e seg.

7. Sebbene funesto per la società il concubinato, tuttavia, per gravi motivi d'ordine pubblico, è tollerato dai Codici moderni e dalle leggi civili: aliud Christus, aliud Papinianus, dicevasi già nel fôro con S. Gerolamo (FABRO, Cod., lib. v, tit. 16, def. 8): quindi i concubini non vennero più dichiarati incapaci di ricevere per testamento o per donazione l'uno dall'altro (V. TROPLONG, loc. cit., ni 496, 568 e seg., notizie storiche, con MERLIN, vo Concubinato). Le indagini che fare si dovrebbero in tal caso sarebbero di scandalo e di danno alla morale pubblica. Nulla osta per altro a che le relazioni intime e gli scritti fra persone di diverso sesso e la grande influenza dell'una sullo spirito dell'altra si tengano per presunzioni di suggestione, di morale coazione e di dolosi artifizi a pregiudizio degli eredi legittimi (V. TROPLONG, loc. cit., no 570; DURANTON, t. IV, pag. 347, no 242; SIREY, sull'art. 902, ni 13 e seg., e 1133, no 5; ZACHARIÆ, tom. III, § 649, testo e note). V. art. 725 precedente, colle ANNOTAZIONI, e con MERLIN, vo Suggestione. = Da quali fatti ed indizi possa raccogliersi che taluno sia stato indotto a testare con immoderate e dolose blandizie, V. ivi, e MENOCCHIO, De præsumpt., 1. III, præs. 126, 127, 128 ex professo.

Articolo 767.

I figli del testatore nati fuori di matrimonio, dei quali non è ammesso il rico-
noscimento legale, sono soltanto capaci di conseguire gli alimenti.

Auth. Er compleru, Cod. de incest. et inut. nupt.; Nov. 74, cap. 6; Nov. 89, cap. ult.
fine, Extrav. de eo qui dux. in matr. quam poll.

Cod. civ francese, art. 762, 763, 764. Sardo, art. 707. Due Sicilie, art. 678, 679.

Estense, art. 723.

I figli naturali non legittimati, se vi sono discendenti o ascendenti legittimi
del testatore, sono incapaci di ricevere per testamento più di quanto la legge at-
tribuisce loro per successione intestata.

Auth. Nunc, et Licet, Cod. de natur. liber.; Nov. 86, cap. 12; Leg. 6 Cod. ad SC. Orphit.; Leg. 29 § 1 Dig, de
inoff. test; Leg. 1 § 2 Dig. ad SC. Tertyll. et Orph.; Inst. de SC. Orph., $ 3.

Cod. civ. francese, art. 908. Sardo, art. 708. Due Sicilie, art, 824. —

2. Credesi che l'incapacità relativa, e sem-
pre più ristretta, stabilita dal nostro articolo,
si estenda dopo la morte del figlio naturale
semplice ai suoi discendenti legittimi: questa
proposizione si giustifica col motivo d'ordine
pubblico sul quale è fondata. Indarno si dirà
che le incapacità sono di diritto stretto, e che
così non si possa estendere a quei discendenti
Ia proibizione dell'art. 908 del Codice civile
francese, e che non vi esista all'occhio della
legge vincolo civile nel caso; poichè l'arti-

759 di detto Codice (art. 748 sopra) ri-
a tale doppia obbiezione; e per vero,

- Parmense, art. 626.- Estense, art. 724.

-

Articolo 769.

Il tutore non può mai trarre profitto dalle disposizioni testamentarie del suo amministrato, fatte prima dell'approvazione del conto definitivo, quantunque il testatore morisse dopo l'approvazione del conto.

Sono però efficaci le disposizioni fatte in favore del tutore che sia ascendente, discendente, fratello, sorella o coniuge del testatore.

Leg. 9, 201, Leg. 28 $$ 4, 10, Leg. 31 § 2 Dig. de liberat. leg.
Sardo, art. 712, 713. - Due Sicilie, art. 823.

Cod. civ. francese, art. 907.

--

- Estense, art. 734, 735, 736.

Parmense, art. 637, 636, 637,

Annotazioni.

1. Il divieto fatto all'amministrato di disporre per atto di ultima volontà a pro del suo tutore, anche dopo cessata la tutela, ma non reso ancora il conto, è senza fallo fondato sul timore del potere di questo sulla persona e sullo spirito del medesimo, e così della coazione morale, induzione e suggestione. La legge romana permetteva al minore di ricompensare le gratuite cure e la esperimentata probità del già tutore o curatore, ed in ispecie di liberarlo dalla resa del conto e dal reliquato. Checchè ne sia, i moderni Codici innovarono il diritto comune con savii e progressivi temperamenti quanto ai più cari e più prossimi congiunti nei quali hassi piuttosto a presumere un puro e non venale amore ed il disinteresse che non la violenza e la suggestione. Anzi da molti si desiderava che la disposizione del Codice italiano concernente il tutore venisse, per parità di ragione, estesa a tutti i ceti di persone sulle quali cade un ragionevole timore di dubitare che possano abusare della loro influenza morale sopra lo spirito dei morienti, come fece il Codice civile francese, art. 909. Soffermandoci su taluna delle incapacità portate da questo articolo del Codice francese, leggiamo nella Storia universale del CANTÙ, tom. VI, pag. 205, 206, che Valentiniano I pure inibì ai direttori spirituali di ricevere dalle figlie spirituali donativo, legato od eredità, e che dappoi, a quanto pare, a tutte le persone dell'ordine ecclesiastico fece divieto d'accettare testamenti o legati perchè si abusava della fiducia, massime delle donne, onde fraudare ai parenti la legittima eredità. Il detto scrittore riporta le parole di S. Gerolamo: Nec de lege queror, sed doleo cur meruerimus hanc legem. Poscia, a pag. 270, 271, ricorda che anche Graziano vietò ai sacerdoti di accettare legati dai loro devoti. V. i MOTIVI che precedono il presente Titolo, § 31.

2. È l'obbligazione di rendere il conto che

genera l'incapacità relativa di ricevere stabilita dalla legge (ZACHARIÆ, t. III, § 649, no 2, note). 3. Altra cosa è l'approvazione del conto, altra il pagamento del reliquato, se ve ne ebbe a risultare: non è necessario per la validità di una disposizione fatta a profitto di una persona che fu già tutore, per esempio un patruo, dal già suo pupillo, cotale previo pagamento (ZACHARLE, tom. III, 1. cit., § 619, no 2, note, e tom. I, § 116, note; GRENIER, Delle donazioni e testamenti, tom. I, pag. 374, no 119, che riferisce però opinioni antiche contrarie; PAILLET, sull'art. 907 del Codice civile francese; TROPLONG, Delle donazioni e testamenti, no 622, che dimostra bastare che il conto tutelare sia chiuso, e così approvato; TOULLIER, t. 5, no 65).

4. L'incapacità di cui si tratta non si estende ai figli od eredi del tutore che fosse morto; come neppure al surrogato tutore, al curatore del minore emancipato od altro (ZACHARIE, loc. cit., e TROPLONG, loc. cit.). Se tuttavia il surrogato-tutore amministri in realtà a vece del tutore impedito od incapace, se sia, in una parola, tutore di fatto, si potrà prendere in considerazione la sua influenza sulla persona del pupillo, ed a seconda che questi sarà stato dominato dal suo ascendente, si potrà dichiarare nullo il testamento. Avvertasi bene che in tal caso l'incapacità non è di diritto: essa dipende dalle circostanze della causa (TROPLONG, loc. cit., no 624).

5. All'approvazione e liquidazione del conto bisogna aggiungere la prescrizione che ne tiene luogo. Spirato il tempo utile per chiederlo, si deve supporre e tenere che il conto fu reso (TROPLONG, loc. cit., no 623). — V. sopra, art. 309 del Codice attuale.

6. Secondo il diritto comune, si poteva fare una instituzione od un legato ad un incapace pel caso che addivenisse capace (Leg. 62 Dig. de hered. inst.; TROPLONG, Delle donazioni e testamenti, ni 439, 612).

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