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senza la debita assistenza, per veruna guisa pregiudicare i proprì interessi; e volerlo costretto a pagare, quando la prescrizione della contraria azione, lo aveva assoluto, è lo stesso che sottoporlo ad una vera, propria e indebita iattura.

2106. Consegue da ciò, come corollario indeclinabile, che sieno incapaci di renunziare efficacemente tutti i semplici amministratori delle sostanze altrui; per ciò che non possano oltrepassare la cerchia della semplice amministrazione. Per renunziare adunque alla prescrizione, conviene che sieno debitamente autorizzati colle cautele, colle forme e colle garanzie, che la legge prescrive.

III. La sola autorità della cosa giudicata

può dar valore ad una renunzia inconsulta.

2107. È naturale peraltro, che malgrado ciò, se per avventura una sentenza, passata in giudicato, abbia riconosciuto, come legalmente fatta la renunzia; cotesta debba sortire il suo pieno effetto, ma per sola autorità della cosa giudicata, non più soggetta a revisione, rivocazione o ricorso. Se non che, in siffatto caso, non è la renunzia indebitamente fatta, che fa perdere il diritto nato dalla prescrizione e dalla usucapione, sì bene l'autorità della cosa giudicata, che porta una presunzione assoluta di diritto, senza che sia mestieri ricercarne la fonte o le origini. Al condannato non può rimanere che un'azione di rivalsa verso l'amministratore del patrimonio; il quale non abbia, potendo, impedito, che la detta erronea cosa giudicata nascesse.

IV.

La renunzia alla prescrizione vuol'essere fatta
in forma valida ed efficace.

2108. Non intendiamo discorrere particolarmente delle formee delle cautele, che vogliono avere le renunzie; diciamo soltanto, che le dette renunzie debbono avere i requisiti (la regolarità e la forma), che, giusta la legge, son loro propri per essere valide;

sia che cotesti atti vengano formati da dichiarazioni, da convenzioni, da testamenti od altre dichiarazioni qualunque, che, all'uopo e secondo le leggi, possono essere usate. Forme sacramentali, in verità, per siffatte renunzie la legge non richiede, e però non altro si dee ricercare, se non che la renunzia, se espressa, sia fatta in uno dei modi qualunque, che sieno atti a contrarre una efficace obbligazione, essendo del tutto indifferente la forma, purchè da essa non derivi nullità: e se tacita abbia a resultare da fatti compiuti con piena intelligenza di causa, e tali da fare aperta, in modo non equivoco, la volontà del renunziante. Invero la renunzia alla prescrizione od usucapione, che in ultima analisi vuol dire acquisizione di un diritto, non è cosa che possa presumersi così facilmente (1).

V.

Importanti corollari della esposta dottrina.

2109. Sono ancora importanti i corollari, che dimanano dalla esposta dottrina. Si potrebbe credere, che coloro, i quali chiamati in giudizio, invece di cominciare dall'opporre la prescrizione, di questa tacessero in sulle prime, allegando invece l'una o l'altra eccezione, per respingere l'azione, come se questa fosse tuttora viva; si potrebbe credere, diceva, che alla prescrizione avessero renunziato. Ma cotesta sarebbe una deduzione precipitata. Imperocchè sia certo; che il convenuto possa difendersi con ogni maniera di eccezioni, e che a sua difesa debba lasciarsi la facoltà di allegarle in quell'ordine, che stimi più confacente al proprio interesse. Può nel convenuto essere la coscienza, di avere soddisfatto al suo debito, benchè le prove presentino una qualche lacuna; e a lui può sembrare più decoroso di respingere la dimanda, completando la prova dell'eseguito pagamento. Se per avventura nello assunto non riesca, è naturale, che per sostenere il suo assunto, egli possa ricorrere alla prescrizione. La quale essendo una eccezione, come un'altra qua

(1) Troplong, Prescr., n. 36, e molta giureprudenza italiana e francese.

lunque, deve essere lasciato all'arbitrio di addurla, quando il convenuto reputi il momento opportuno. Così è delle altre eccezioni, e non vi sarebbe ragione di trattare diversamente quella di prescrizione; che molte volte ha il suo sostegno sulla presunzione dell'eseguito pagamento (1). Se invece il convenuto, non azzardando d'impugnare la esistenza del debito, si limita a discutere sulla maggiore o minore entità del medesimo, ed invoca termini per eseguire il pagamento; indarno pretenderebbe di poi refugiarsi sotto il mantello della prescrizione (2).

VI. Particolari concernenti i contratti sinallagmatici.

2110. In un contratto sinallagmatico le obbligazioni sono reciproche. Tizio si obbliga di prestare una garanzia, e si stipula a sua volta la concessione di una servitù da Gaio. Gaio dopo ventinove anni e undici mesi dimanda la prestazione della garanzia. Tizio convenuto non può schermirsi dal prestare la garanzia, poichè l'azione contro di lui è spiegata, prima che trascorresse il trentennio dall'assunta obbligazione. Ma Tizio, all'incontro, ha lasciato trascorrere il trentennio senza dimandare la servitù convenuta; e quindi la sua azione può essere respinta, per effetto di prescrizione. Bisogna peraltro badare bene, che l'una obbligazione non abbia da essere corrispettiva dell'altra; conciossiachè in siffatta ipotesi qualunque dei due contraenti si faccia attore, il convenuto può opporgli il mancato corrispettivo in linea di eccezione; e allora subentra la regola notissima, ammessa ancora dall'art. 1302 del Codice civile, secondo la quale: Quae temporalia sunt ad agendum, perpetua sunt ad excipiendum (3).

(1) Duranton, XXI, 133 a 140; Troplong, Prescr., n. 56; Vazeille, I, 344. (2) Troplong, Prescrip., n. 67-68.

3) Merlin, Quest., v° Prescript., n. 73; Aubry e Rau, § 776, n. 10. In senso contrario Duranton, XXI, 352. Ma versa in un evidente equivoco.

VII. Particolari concernenti i giudizi di purgazione,

distribuzione di prezzo e simili.

2111. Talvolta può sembrare, che colui il quale chiama gli altri in giudizio, intenda renunziare alla prescrizione; segnatamente allorchè si tratti di un giudizio per la purgazione di fondi, in cui s'invitano tutti i creditori a mettere innanzi le loro ragioni, e riscuotere l'importare dei loro diritti. Ma niente di meno esatto; imperocchè chi mira all'intento di purgare un dato fondo, ha assolutamente mestieri, per non fare un giudizio nullo, di chiamare innanzi i tribunali tutti coloro, che possono avervi interesse. Con questo peraltro non intende, al certo, di ammettere per buoni i loro diritti; e si limita invece a invitarli a porre innanzi le loro ragioni, per ammetterle soltanto in quanto ciò sia di giustizia. Quindi tutte le eccezioni sono riservate; e non si saprebbe vedere, per qual cagione, dal novero di esse dovessero essere escluse quelle che banno fondamento sulla prescrizione. L'impegno, che piglia il terzo detentore verso i creditori, è verissimo, non si prescrive che con trenta anni. Ma la quistione presente non verte su cotesto punto: si tratta invece di ricercare, quale sia l'impegno, che il terzo possessore assume verso i creditori ipotecari: se cioè invitandoli ad essere presenti in giudizio, intenda con ciò soltanto di riconoscere i loro diritti, sino al punto da renunziare alle eccezioni che gli competono; e fra queste anche alla prescrizione. Nessuno esiterà un istante a dare una risposta negativa. La ricognizione dei crediti non può essere che spontanea. Ora gli atti, ai quali pon mano il terzo possessore, gli sono imposti dalla legge. Laonde non potendo l'attore declinarli, non vien fatto di dar presa ad alcuni argomenti di presunta volontà. Del resto se il tempo, che scorre lungo la procedura, potesse in qualche guisa compromettere il loro interesse, compiendosi nel frattempo la prescrizione; è certissimo, che a disposizione dei creditori sono molti atti capacissimi d'interromperne il corso. Gli è vero, che invece di

una renunzia espressa, ve ne può essere una tacita; ma questa non può desumersi che dalle circostanze di fatto, la cui estimazione è affidata ai giudici del merito, senza che possa essere soggetta a censura.

§ 5.

Delle prescrizioni, delle eccezioni e delle replicazioni.

2112. La prescrizione invecchia, logora, estingue la vita delle azioni. Quale è l'effetto che produce, o può razionalmente produrre sulle eccezioni? Giova sin dalle prime osservare, che all'azione si oppone una exceptio temporis, e per annullare una eccezione occorre una replicatio temporis. La indagine dunque si riduce a vedere, se cotesta replicatio temporis sia da ammettere, e quale effetto essa possa produrre.

In diritto romano era una istituzione, che al riguardo presente poteva far cadere in equivoco. Talune eccezioni non si potevano allegare senza essere restituiti in intero; e il termine per cotesta restituzione era breve: prima di un anno e poi di quattro. Le eccezioni dunque, dipendenti da una restituzione in intero, dopo il decorso del quadriennio, non potevano più farsi valere.

2113. Ma si guarderebbe la cosa sotto un falso punto di vista, se si dicesse: che le dette eccezioni avevano una breve vita, o in corto spazio di tempo si prescrivevano.

Il vero concetto è questo. Venuto meno il diritto a dimandare la restituzione in intero, la eccezione era privata di un elemento sostanziale, perchè cominciasse a vivere. È chiaro, che di prescrizione o, estinzione di vita, non si può far parola, se la cosa, da estinguersi o da prescriversi, non ha cominciato mai a vivere. Impropriamente dunque si attribuì alla prescrizione di date eccezioni

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