2 Clerum civitatensem.1 E pochi anni appresso, cioè nel 1303, si ripigliò la rappresentazione di questo ludo, come rilevasi dallo stesso cronista: Anno MCCCIII facta fuit per Clerum, sive per Capitulum civitatense, Repraesentatio: sive factae fuerunt Repraesentationes infra scriptae: In primis, de Creatione primorum parentum; deinde de Annunciatione Beatae Virginis, de Partu et aliis multis, et de Passione et Resurrectione, Ascensione et Adventu Spiritus Sancti, et de Antichristo et aliis, et demum de Adventu Christi ad judicium. Et praedicta facta fuerunt solemniter in curia domini Patriarchae in festo Pentecostes cum aliis duobus diebus sequentibus, praesente r. d. Ottobono patriarcha aquilejensi, d. Jacobo q. d. Ottonelli de Civitate episcopo concordiensi, et aliis multis nobilibus de civitatibus et castris Forojulii, die XV exeunte Majo. 3 : Qui è ben chiaro trattarsi di spettacolo fuori della chiesa non però in luogo profano, ma nella curia stessa arcivescovile. Si capisce che una rappresentazione cosi lunga e varia non poteva capire entro le sacre pareti: ma, eseguita com'era dal Clero e dal Capitolo, alla presenza dei maggiori prelati della provincia, non perdeva nulla del suo carattere ecclesiastico, e probabilmente non mutò neanche l'idioma, che dovette esser il latino. Fu dunque una cerimonia del culto, fatta con foggia particolare, fuori del luogo consacrato; ed a ciò credere ci conforta anche l'esame di quei monumenti drammatico-liturgici della Chiesa civitadense che il Coussemacker ha stampati; cioè la Repraesentatio in Annuntiatione b. Virginis, il Planetus Mariae 1 ZENO, Op. cit., pag. 488, e MURATORI, Rer. Ital. Script., XXIV, 1205, dove manca soltanto l'ultima parola del passo qui riferito. 2 Probabilmente per inesatta intelligenza del vocabolo civitatense il MAGNIN asserì, verso il 1304 essersi fatta a Civitavecchia una rappresentazione di Adamo ed Eva e dell' Annunziazione, che debb'esser invece questo spettacolo di Cividal del Friuli. Dal MAGNIN (Journ. de l'Instruct. publ., 12 novembre 1835) passò quest'errore al DOUHET, Dict. des Myst., 140 e 443, e al COUSSEMACKER, pag. 344, ed anch' io mi accorgo di esservi caduto nel vol. I delle S. R., pag. 168. 3 ZENO, ib., Rer. Ital. Script., XXIV, 1209. 8 et aliorum, e le due Repraesentationes in Resurrectione Domini, le quali scritte in tre codici del secolo XIV sono probabilmente reliquie del grande spettacolo ciclico, che, in quei tempi appunto, ai presuli ed ai nobili della provincia friulana offriva il Capitolo civitadense. ' Il che se fosse, come ci sembra assai certo, avremmo qualche altra notizia dą aggiungere a quella della Cronaca, dacchè dalle rubriche di due fra cotesti manoscritti si rileva che a rappresentare l'Annunziazione tenevasi il modo seguente: facevasi, cioè, una processione che volgeva verso la piazza (ad forum) cantando il responsorio: Gaude, Maria Virgo; arrivati nel 2 1 MAGNIN, Journ. des Sav., 1860, pag. 311. 2 Una breve rappresentazione di questo fatto capitale della storia evangelica troviamo, mista con altri festeggiamenti sacri e civili, nella commemorazione annuale del dì di San Marco in Venezia, e pel 1267 ci è così descritta da MARTINO DA CANALE: Saches, signors, que le derain ior de iener est la feste et la procession doble, nella quale dopo i fanciulli e i chierici, vient un clerc en la rote apareilles de dras de dame, trestuit a or. Et siet celui clerc de sour une chaere mult richement aparillee: et le portent IIII homes de sor lor espaules, et devant et en coste les confanons a or. Rappresenta costui la Vergine, e condotto innanzi Monsignur li Dus, si le salue, et il li rent son salus. Poi, vient avant un autre clerc, que seoit de sor une chaere mult richement aparilles a la guise d'un Angle, et le portent de sor lor espaules IIII homes. Et quant il fu parmi ou Monsignor li Dus estoit, il le salue, et Monsignor li Dus li rent son salus. Et apres se, il s'en vont en la procession.... Et tant s'en vont, que il entrent en l'iglise de Notre Dame Sainte Marie: et quant celui clers qu'est aparilles en senefiance de Angle, est entres dedans l'iglise, et il voit l'autre qu'est aparilles en senefiance de la Virge Marie, il se lieve en estant, et dil tot ensi: Ave Marie, ploiene de grace, le Signor est aveuc toi, beneoite entre les femes, et beneoit li fruit de ton ventre: ce dit notre Sire. — Et celui que en senefiance de Notre Dame est aparilles, respond et dist: Coment peut ce estre, Angle Dei, en porce que ie ne conois home por avoir enfant? —Et li Angles li redit: Spirit Saint desent en toi, Marie; n'aies paor, auras dedens ton ventre le Fils Dieu. Et cele li respont et dist: Et ie sui ancelle dou Signor; viegne a moi selonc ta parole. - Apres ceste parole, s'en issent chascun de cele iglise, et s'en vont en lor maisons. (Cron. dei Venez.: Firenze, Vieusseux, 1845, pag. 569.) E in nota, pag. 743, si avverte che nel 1328 fu stabilito per legge: Quod Maria et Angelus in festa Sancti Marci de Scholis pro reverentia gloriosae et festi non debeant se levare de suo sedere, quando sunt in cospectu d. Ducis. mezzo, il corteggio si fermava, ei corarj intuonavano il Gloria Patri, indi il diacono leggeva il Vangelo, e subito si dava mano al Ludo dell' Angelo e di Maria: subito cantatur Evangelium cum Ludo.... et fit Repraesentatio Angeli ad Mariam. Finito il quale, il Clero ritornava in chiesa, cantando il Te Deum. Se pur queste non sono, com'è pur possibile, modificazioni posteriori, dovrem dire che lo spettacolo, di che tratta il cronista, non si facesse soltanto nella curia arcivescovile, ma anche in piazza, e fosse insieme ufficio, processione e dramma. Ma ciò che, a parer nostro, è più degno di nota in questa memoria degli spettacoli spirituali friulani, si è la natura complessa dell'azione, e la sua durata di tre giorni. Troviamo qui, invero, quella forma ciclica, che, cominciando dalla Creazione del mondo, si svolge d'episodio in episodio fino all' Universale Giudicio, e che, comprendendo con logico legame e con successione cronologica tutti gli avvenimenti più importanti della Storia Sacra, dal peccato al riscatto, e dal riscatto alla venuta dell' Anticristo e al giorno novissimo, non può acconciamente prodursi innanzi al pubblico, anche se proceda a sbalzi e tralasci parecchi fatti, se non in una più o men lunga serie di giorni, che nel nostro particolar caso erano tre. Or questa foggia di farraginose e mal congeste Rappresentazioni cicliche, che fiorirà nel tempo successivo in Francia, in Inghilterra e in Germania, cessandone ogni traccia in Italia, dovrà dirsi che dappertutto si producesse spontaneamente, ovvero, ammettendo imitazione, sarà l'Italia imitata od imitatrice? Altri affermò che di qui si prendesse la stampa e l'esempio; 2 e certo i raffronti delle date sembrerebbero favorire questa sentenza; ma l'unire insieme e coordinare al punto cardinale della Passione tutta l'opera della Redenzione ci sembra così naturale e conforme al pensiero medioevale, che non ci parrebbe strano, se le Rappresentazioni cicliche fosser di per sè nate in ciascun paese indipendentemente da modelli stranieri. Certo COUSSEMACKER, Op. cit., pag. 284. 2 Dict. des Myst., col. 634. è questo, che siffatta forma complicata, la quale potrebbe dirsi tipica rispetto al Mistero francese, fece apparizione fra noi soltanto in cotesti spettacoli friulani; e la forma nostra esemplare, cioè la Sacra Rappresentazione, si tiene in più angusti confini, e si regola a norme di maggior semplicità, quasi avesse seco lo fren dell'arte. Poichè ci siamo alquanto fermati a descrivere il vero carattere e il proprio significato delle più antiche Rappresentazioni italiane, non parrà fuor di luogo l'intrattenersi ancora a dire di due altri spettacoli, fiorentino l'uno, l'altro milanese, che mal potrebbero assegnarsi alla categoria dei drammi. Nè parrà inopportuno che qui appunto ne parliamo, sebbene ambedue appartengano ad età più inoltrata, cioè al secolo decimoquarto, che già, del resto, abbiamo toccato con l'ultimo Dramma friulano, volendoci sgombrare il terreno di ogni inutile ostacolo alla lunga via che dobbiamo ancora percorrere. Leggesi adunque in Giovanni Villani che nel tempo, «< che il cardinal da Prato era in Firenze, ed era in amore del popolo e de' cittadini, sperando che mettesse buona pace tra loro, per le calende di maggio 1304, come al buon tempo passato del tranquillo e buono stato di Firenze s'usavano le compagnie e le brigate di sollazzi per la cittade, per fare allegrezza e festa, si rinnovarono, e fecionsene in più parti della città, a gara l'una contrada dell'altra, ciascuno chi meglio sapea e potea. In fra l'altre, come per antico aveano per costume quegli di Borgo San Friano di fare più nuovi e diversi giuochi, si mandarono un bando, che chiunque volesse sapere novelle dell'altro mondo, dovesse essere il di di calende di maggio in su 'l Ponte alla Carraja, e d'intorno all'Arno; e ordinarono in Arno sopra barche e navicelle palchi, e fecionvi la somiglianza e figura dello 'nferno, con fuochi e altre pene e martorj, con uomini contraffatti a demonia orribili a vedere, e altri, i quali aveano figure d'anime ignude, che pareano persone, e mettevangli in quegli diversi tormenti con grandissime grida e strida e tempesta, la quale parea odiosa e spaventevole a udire e a vedere, e per lo nuovo giuoco vi trassono a vedere molti cittadini, e 'l Ponte alla Carraja, il quale era allora di legname da pila a pila, si caricò si di gente che rovinò in più parti, e cadde colla gente che v'era suso, onde molte genti vi morirono e annegarono, e molti se ne guastarono le persone, sicchè il giuoco da beffe avvenne col vero, e com' era ito il bando, molti per morte n'andarono a sapere novelle dell' altro mondo 1 1 Cron., VIII, 70. Il Pucci nel Centiloquio così parafrasa poeticamente il Villani: Correvan gli anni allor del sacrificio Mille trecento quattro, che lontano Si fece 'l Cardinal da tale uficio. Nel detto tempo in Borgo San Friano Di giovani si fece una brigata A lor diletto, e più d' ogni cristiano, Con nuovi giuochi e sì bene ordinata Che malagevol mi sarebbe a dire Come fu propiamente assimigliata. Per tutta la città fecer bandire Che chi volie novelle di vantaggio Dell'altro mondo vedere ed udire, Andasse il giorno di Calen di Maggio Al ponte alla Carraja, e di presente Dell' altra vita vederebbe il saggio. Onde vi trasse quel dì tanta gente Ch' egli era pieno il ponte, e d'ogni parte Le case lungo l'Arno similmente. E, secondo ch'ancor dicon le carte, Sopra le pile il ponte era di travi E non di pietre murato con arte. Ed in sull' Arno aveva piatle e navi Con palchi d'assi: or udirai bel gioco, E come que' che 'l feciono eran savi. Dall' una parte avea caldaje a fuoco, Dall' altra avea graticole e schedoni, Ed un gran diavol quivi era per cuoco. Nella sentina avea molti dimoni, I qua'recavan l'anime a' tormenti Ch' ordinati eran di molte ragioni. Qual si ponia sopra carbon cocenti, E qual nella caldaja che bolliva E di sentina uscivano i lamenti. La gente che d'intorno il pianto udiva E poi vedea a sì fatto governo Co'raffi e cogli uncin gente cattiva, Che parean tutti diavoli d'inferno, Ispaventevoli a chi li vedea, Immaginando que' del luogo eterno, Chi piangeva di quello, e chi ridea : Ma chi aveva d'uom conoscimento La verità del fatto conoscea. · L' anime ch' eran poste a tal tormento Eran camicie di paglia ripiene E vesciche di bue piene di vento, Per modo acconcie, che parevan bene, Guardando dalla lunge, le persone Che fosser poste a così fatte pene. Sette tormenti v' eran per ragione, Punendo i sette peccati mortali, E sovra ognuno scritto in un sermone: In questo luogo son puniti i tali. Alcuna volta v' avresti veduti Serpenti e draghi feroci con ali, E contraffatti diavoli cornuti Che forcon da letame avieno in mano Di più ragion, tutti neri e sannuti. — Nelle feste che Filippo il Bello diede a Parigi nel 1343 conferendo ai figliuoli l'ordine cavalleresco, fra gli altri spettacoli si diede quello del Paradiso con novanta Angeli, e un Inferno noir et puant, dove cadevano i reprobi e uscivano cento diavoli, che s' impadronivano delle anime e le tormentavano: vedi MORICE, Op. cit., pag. 16; VILLEMAIN, Tableau de la Littér, du moyen-âge: Didier, 1858, II, 223. |